Da un lato le tecniche di procreazione assistita hanno permesso a migliaia di coppie sterili di avere un figlio, dall'altro hanno creato una serie di problemi mai risolti. In molti ospedali italiani vivono migliaia di embrioni, detti «orfani», creati (se così si può dire) in sovrannumero e non più richiesti. Secondo una stima dell'Istituto superiore di Sanità, nel 2020 gli embrioni abbandonati erano 37.500. Ognuno dei 320 centri italiani - in Lombardia sono 51 - è tenuto a conservarli e a custodirli in bidoni di azoto liquido a -196° per mantenerli vitali. Fino a quando? Non si sa. Il «problema» è stato affrontato varie volte dalla politica e dai tribunali ma mai risolto. La legge 40 del 2004 provò a stabilire un limite sia nella produzione di embrioni sia nei trasferimenti in utero, non più di tre per coppia, ma fu poi aggirata da varie sentenze. Nel 2009 si arrivò a una pronuncia della Corte Costituzionale che lasciò ai clinici la libertà di valutare caso per caso. I sovrannumerari orfani tornarono a crescere. La stessa Corte impose la crioconservazione «per il rispetto dovuto agli embrioni in quanto vita umana, in nessun modo assimilabili a materiale biologico».
Gli embrioni non si possono donare, né adottare. Perciò vivranno in eterno. Anche più di noi, se non si troverà una soluzione. E all'orizzonte di soluzioni non se ne vedono. La legge 40 aveva stabilito che gli embrioni sovrannumerari di ogni regione dovessero confluire in una sola Biobanca, quella del Policlinico milanese, costruita per lo scopo e inaugurata dal ministro di allora, Gerolamo Sirchia, al Padiglione Marangoni, due piani sottoterra. Si calcolava fossero 2.527 in tutta Italia ma circolava anche la stima ufficiosa di 5mila. Furono predisposti sei bidoni di azoto liquido, costati 25mila euro l'uno, capaci di contenerne fino a 3mila ciascuno. Ma la centralizzazione non ci fu. Gian Luigi Gigli, neurologo ed ex presidente del Movimento per la Vita, autore di una proposta di legge sull'adottabilità degli embrioni, dichiarò nel 2021 che «i nuovi embrioni superano il numero di quelli trasferiti di almeno 10mila unità l'anno». Walter Vegetti responsabile del Centro procreazione assistita (Pma) del Policlinico ha ammesso che «ogni centro sarebbe felice di non dover custodire embrioni orfani perché i costi a carico delle Regioni sono ingenti fra azoto liquido, sistemi di allarme energia elettrica e personale. Una volta entrati in funzione gli impianti non possono più essere spenti». Ha anche spiegato che se si dovesse ottemperare alla legge 40 «ormai al Policlinico non vi sarebbe più spazio: i bidoni sono ora occupati dai tessuti della Biobanca come cellule da midollo osseo e da cordone ombelicale. Poi ci sono gli embrioni orfani del nostro centro. Insomma, i nostri contenitori stanno crescendo per numero e dimensioni».
Quanti? «In giacenza ve ne sono diverse migliaia, se ne producono circa 800 l'anno ma di questi più della metà è trasferito in utero. Ci sono anche persone che richiedono un embrione prodotto anni prima». Se tutti i 51 centri lombardi di procreazione assistita avessero i numeri del Policlinico ogni anno si congelerebbero 20.400 nuove vite in potenza, una città di mai nati.
Si è detto che per legge non si può togliere vitalità agli embrioni (come avviene in altri Paesi europei), non si può neppure donarli alla ricerca o adottarli. «Dobbiamo chiedere alle coppie che intraprendono una tecnica di fecondazione di II livello (e che prevede la formazione di embrioni) se accetta di congelare embrioni, se non accetta si procede in modo da fertilizzare solo due ovociti (e ci sono più rischi che la tecnica non vada a buon fine)». La questione embrioni-orfani è in sospeso da troppi anni, «prima o poi la si dovrà risolvere ha commentato Vegetti la legge 40 si è rivelata carente, infatti è stata modificata diverse volte. Un'altra cosa assurda è che vanno congelati anche gli embrioni portatori di malattie molte severe, anche quelle incompatibili con la vita. Un ulteriore paradosso è che la legge 194 consente di abortire il feto in utero ma la legge 40 vieta di eliminare un embrione. Ultima contraddizione: le coppie sterili possono farsi donare i gameti ma non gli embrioni».
Secondo Luca Marini, docente di diritto Internazionale alla Sapienza ed ex vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, «la questione è diventata irrisolvibile.
Tenuto anche conto della difficoltà di accertare la vitalità degli embrioni congelati, potrebbe essere vicino il giorno in cui si legittimerà il loro utilizzo a fini di ricerca biomedica in nome del preteso primato della scienza sull'essere umano».
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