"Cipolle, salamelle e vino rosso". Ecco il cibo secondo Salvini

I gusti del leader leghista: «Mi piace sperimentare le cucine locali. Detesto solo cetrioli e peperoni»

"Cipolle, salamelle e vino rosso". Ecco il cibo secondo Salvini

Abbronzato dai comizi elettorali e in gran forma. «Sono convito che ce la faremo, da Nord a Sud c`è un vuoto di politica che possiamo colmare». Matteo Salvini varca la soglia del ristorante pizzeria The King a Milano, accolto dal proprietario Nabil Suliman, egiziano di Luxor da tempo in Italia. «Questa è l`immigrazione che mi piace. Esiste un`immigrazione sbagliata e una positiva che deve essere limitata, controllata, rispettosa e qualificata. Un`immigrazione che si impegna nel commercio, nell`artigianato, nel volontariato».

Vuol dire che il Salvini babau degli stranieri è solo un luogo comune?
«Molti stranieri si iscrivono alla Lega: nordafricani, rumeni, peruviani sono decisi, contrari allo ius soli e agli sbarchi, non vogliono essere considerati nel medesimo calderone dei clandestini. Il problema non è l`etnia, ma i numeri. Bisogna mettere un limite all`abuso e agevolare l`immigrazione "per bene"».

Cibo e politica?
«Il cibo è anche politica. In Europa abbiamo olio dalla Tunisia, riso dalla Cambogia, pesce dal Sud Africa, quote per la pesca, un massacro. Ci batteremo fino a che avremo fiato per difendere i nostri prodotti e le nostre materie prime».

Che rapporto ha con il cibo?
«Sono curioso e mi piace tutto, tranne peperoni e cetrioli. E seppur milanese non amo trippa e nervetti. Sperimento sempre la cucina locale, dall`India al bellissimo mercato del pesce di Catania e poi l`alto lago di Como. Il miglior risotto con il pesce Persico a Domaso da Ruffino, tanto burro, ma è buono così».

Milano capitale del food?
«È capitale del turismo economico, della moda, dell`editoria. Rispetto al turismo di massa di Roma, qui l`esigenza è diversa e l`offerta è adeguata. Ravioli cinesi Dim Sum con ripieno italiano: ecco il bello di Milano è l`esperienza straniera in chiave meneghina. Come gli hamburger artigianali, grande alternativa al McDonald`s, amato da mio figlio».

Gli indirizzi milanesi?
«Sono di amici, il rapporto personale è una bella cosa. Per il pesce la Risacca in viale Regina Giovanna o il Molo 13 in via Rubens, per la tradizione del risotto con ossobuco vado all`Osteria della Pesa in via Capecelatro».

Il sapore dell`infanzia?
«Una bella infanzia, con la fortuna di avere i quattro nonni e stare con loro d`estate, due mesi di vacanza in Liguria e in Trentino mentre i miei lavoravano. I piatti erano i tortelli di zucca con l`amaretto e la pasta fatta in casa dalle nonne, l`una di Mantova e l`altra di Modena, due capitali gastronomiche. Ricordo le merende con pane, burro e zucchero o con l`uovo sbattuto, caloriche ma dopo si giocava a pallone per ore e nell`intervallo un ghiacciolo da centocinquanta lire».

Il profumo che ama in cucina?
«Si arrabbierà la Brambilla, è il profumo di griglia, mi fa venire fame e pensare alla compagnia, agli amici, alle vacanze».

Ai fornelli o a tavola?
«Ai fornelli, da genitore separato, tengo i bimbi nel weekend e cucino per loro. Sono ghiotti delle mie cotolette impanate fatte in casa. Non ho molto tempo, ma mi piace spadellare. A tavola, uno dei piaceri della vita, al di là di quello che mangi, la differenza è con chi, magari a Malga Zeledria a Madonna di Campiglio, carne cotta sulla pietra».

E la cucina da parlamentare europeo?
«Strasburgo non è esattamente una capitale del benessere alimentare con la Tarte Flambèe, una sorta di pizza con purè di patate. La cucina belga non esiste».

Cosa non smetterebbe mai di mangiare?
«Cipolle, a una festa della Lega me le hanno offerte con i fagioli, li ho tolti, ho aggiunto il tonno e via. Anche l`aglio in una buona bagna cauda. Mi rendo conto di essere "molesto"».

Il pranzo o la cena che non dimenticherà mai?
«Da ragazzi in montagna in un rifugio di fronte al lago. Ognuno portava qualcosa, salamelle, bistecche, mangiavamo e facevamo casino, sano divertimento. Poi un pranzo ufficiale in Cina ospiti del governo. Il diplomatico di fronte a me risucchiava il brodo e ruttava... Segni di apprezzamento, mi hanno poi spiegato».

E le cene rito della politica?
«I riti romani delle cene di tre ore non mi attirano. A Bruxelles cozze e patate fritte e in tre quarti d`ora hai finito. Non sono solito lavorare a tavola, il mio pranzo è un panino o una pesca».
Risponde al telefono ad un amico che, in Puglia, ha appena pescato pesci Serra da tre chili. «Tu prendi pesci che il resto del mondo invidia - scherza - io tifo per il tonno che ti ha rotto la canna».

Il vino cosa le suggerisce?
«Sono un cultore, moderato, se no scatta il commento "leghista ubriacone". Vino rosso fermo. Uno Sforzato di Valtellina di Rainoldi è anche meglio di un Amarone o di un Barolo. I piccoli produttori di vino, come di pasta o passata di pomodoro meritano di essere aiutati. Spesso affronto i loro problemi e visito cantine, oggi luoghi vivi, guidate da giovani che portano cultura, musica».

Per esempio?
«Sono stato a Bolgheri a un festival che unisce il vino all`opera di Carducci. Il vino non è solo piacere, ma impresa, lavoro, se fossimo in grado di competere fiscalmente e burocraticamente potremmo fare moltissimo».

Menù tradizionale o innovativo?
«Ricordo alcune imbarazzanti cene stile Nouvelle Cuisine, nove piccole cose in piatti enormi, dopo cena mi sono fatto una pizza. Da Heinz Beck mi aspettavo un`incomprensibile avanguardia, invece si capiva cosa si mangiava».

La regione e la città sinonimo di buona cucina?
«Torno all`infanzia, alle radici dei nonni, la Liguria per il pesto e la cima che canta De Andrè e il Trentino con selvaggina e polenta. Poi Sardegna e Calabria, mi piacciono i sapori forti e lascio ad altri il macrobiotico. Che sia in Abruzzo o in Lomellina, mangio sempre bene, all`estero a volte è disperazione».

Un parallelo politico.
«La politica è passione, cuore, fatica, sudore, contatto fisico, si deve sentire, come il tifo calcistico, sento anche quello, le mezze misure non fanno per me».

Il suo luogo del cuore?
«Mi sento innanzitutto milanese, quartiere per quartiere, da

San Siro ai Navigli. E poi Caderzone in val Rendena, cinquecento anime, ci passo qualche giorno ogni anno».

La cena romantica è un'arma vincente?
«Si, mi piace stupire a tavola, organizzando a sorpresa».

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