Salta l'udienza perché gli imputati soffrono di claustrofobia e non possono salire sulla camionetta della penitenziaria per andare in udienza. È accaduto in Corte d'Assise, a Roma, al processo d'appello per l'omicidio di Luca Sacchi. Un motivo che ha costretto i giudici ad aggiornare il processo al prossimo 23 febbraio, facendo saltare la requisitoria del sostituto procuratore generale Francesco Mollace.
Due degli imputati - Valerio Del Grosso, accusato di essere autore materiale del delitto del giovane ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub nella zona di Colli Albani, condannato in primo grado a 27 anni, e il complice dell'aggressione, Paolo Pirino, già condannato a 25 anni - hanno rifiutato il trasferimento dal carcere di Rebibbia perché, appunto, soffrirebbero entrambi di claustrofobia e ieri, a differenza delle scorse udienze, non era stato predisposto per loro un mezzo più ampio per portarli in tribunale, né previsto il videocollegamento, come chiesto dalla difesa, per garantire loro il diritto a partecipare al processo. Il rinvio non è piaciuto ai genitori di Luca. Il papà, Alfonso Sacchi, ha fatto notare come Pirino e Del Grosso non soffrissero di claustrofobia quando uccisero il figlio «andando in due in una Smart».
«Per noi genitori è sempre un'agonia venire qui e poi si parla di cavilli», ha commentato.«Anche io, dopo la morte di mio figlio, soffro di tachicardia e attacchi panico, non vedo l'ora che finisca tutto e restare col mio dolore», ha concluso la moglie, Tina Galati.
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