Mix catalano tra la Boldrini, Virginia Raggi e De Magistris (che infatti la prende a modello e di cui è molto amica), Ada Colau sindaco di Barcellona eletta due anni fa con una civica sostenuta da Podemos, è salita alla ribalta internazionale dopo gli attentati delle Ramblas. «Questa città ama la diversità e vuole essere una città di pace, ora più che mai dobbiamo stare assieme» è stata la sua risposta alla strage del camion targato Isis. «È lei il sindaco più di sinistra del mondo?» si chiedeva il Guardian in un lungo ritratto della Colau dopo la sua elezione ad alcaldesa (sindaco) della città catalana. Da pasionaria del movimento antisfratti, cortei no global, case occupate e persino un arresto negli scontri con la polizia, alla guida della capitale economica della Spagna in effetti il passo è notevole. Le note biografiche che le ha dedicato Micromega sono tutte un programma: «Negli anni 90 si mobilita contro la prima Guerra del Golfo, poi frequenta i collettivi studenteschi dell'università di Barcellona. Con il movimento No Global inizia la sua militanza a tempo pieno e, dopo il G8 di Genova 2001, si fa promotrice a Barcellona dei primi cortei pacifisti contro le guerre preventive di Bush». Quindi, negli anni della crisi bancaria in Spagna, guida la Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah, Piattaforma delle vittime dei mutui), una sorta di movimento di indignados antisfratti, che la trasforma in personaggio pubblico e fa da trampolino per l'elezione a sindaco.
L'ideologia è stata applicata alla lettera: porte aperte a tutti, specie se immigrati africani, tranne che ai turisti, contro cui la Colau ha ingaggiato una battaglia durissima (tranne quelli invitati dal comune di Barcellona, come l'economista antisistema Varoufakis costato 4mila euro alle casse comunali, tra hotel e compenso, per una conferenza). Sono i troppi europei con i bermuda e il marsupio il problema di Barcellona, non la numerosa comunità di fede islamica. «Numero chiuso contro la turistificatiòn, Barcellona non è in vendita», ma invece «basta scuse, accogliamo i rifugiati» lo slogan del corteo a Barcellona, a febbraio, per chiedere più migranti. «Siamo la capuitale della speranza in un'Europa sempre più xenofoba» spiegò la Colau in piazza.
Nel 2015, dopo le stragi di Parigi, ha firmato un manifesto contro l'islamofobia («Non en nuestro nombre») in cui si denuncia il fanatismo Isis come «funzionale al fanatismo razzista europeo». Da sindaca vuole autorizzare la costrizione di una grande moschea per «rendere visibile la pluralità religiosa della città», e pure ha istituito un Osservatorio sugli insulti che riceverebbero gli islamici a Barcellona.
Del resto l'ex squatter si era presentata sulla scena, nel 2007, accusando i politici spagnoli di essere «le forze del Male», e di volere «scuola, salute e casa fuori dal Mercato, contro «il «capitalismo disumanizzante delle banche».
Quando la Raggi ha conquistato Roma, la Colau le ha mandato un messaggio, ovviamente in chiave femminista: Noi donne siamo più legate alla vita pratica, quotidiana, è il nostro valore aggiunto. Per questo siamo appetibili per la gestione comunale». Una Boldrini alla catalana.
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