Quel "cold case" che inchioda i capi Br

Si riapre il processo sul sequestro Gancia del 1975. Altri guai per Curcio e Moretti

Quel "cold case" che inchioda i capi Br
00:00 00:00

Una cartolina cupa dagli anni di piombo. Cinque giugno 1975, alla Cascina Spiotta, nell'Acquese, i Carabinieri sorprendono un manipolo di brigatisti. Il conflitto a fuoco è violentissimo: muoiono l'appuntato Giovanni D'Alfonso e Mara Cagol, responsabile della colonna piemontese delle Br e moglie di Renato Curcio; il tenente Umberto Rocca perde un braccio e un occhio. Un terrorista scappa nel bosco, mentre i militari liberano l'industriale Vittorio Vallarino Gancia che era stato sequestrato due giorni prima. Chi era il giovane in fuga che aveva sparato agli uomini in divisa e si era eclissato? Un «cold case» perfetto che oggi arriva dritto in corte d'assise ad Alessandria. E sul banco degli imputati, accusati di omicidio e sequestro, sono tre personaggi eccellenti della storia dell'eversione: Renato Curcio e Mario Moretti, i due capi dell'organizzazione, Lauro Azzolini, il killer che secondo gli investigatori premette il grilletto, pure lui all'ergastolo per la strage di via Fani e infiniti altri crimini. Era un caso che sembrava chiuso nel suo mistero. Ma nel 1976, quando Curcio fu arrestato per la seconda volta, nel covo milanese di via Maderno, fu trovata una relazione dettagliata su quel che era successo alla Cascina Spiotta. La spiegazione era accompagnata da una serie di disegni su cui c'erano le impronte digitali dell'autore. Allora, inspiegabilmente, quei fogli furono trascurati, ma negli ultimi anni la vicenda è stata ristudiata, anche su insistenza dei figli di D'Alfonso, Bruno e Cinzia, assistiti dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini, a sua volta giudice istruttore e gip per una vita prima di passare alla professione forense.

Ed ecco la prima sorpresa: quelle impronte, almeno undici, appartengono ad Azzolini, mentre altre portano a Pierluigi Zuffada, che però esce di scena per prescrizione, prima di morire proprio qualche giorno fa. Oggi dunque comincia il processo, fuori dal tempo, ai fantasmi degli anni Settanta: Azzolini, e poi Curcio e Moretti, coloro che guidavano ciò che era rimasto delle Br - poche decine di militanti - dopo le prime retate del '74 e prima della «rinascita» del '76 e '77 che porterà al sequestro Moro.

Attenzione: le Br non ci sono più, ma i vecchi militanti avevano tenuto rapporti e relazioni fra di loro, pur in tarda età. Ed è a questo punto, nel 2022, che Azzolini commette, dal suo punto di vista, una leggerezza che potrebbe costargli molto nel dibattimento che inizia oggi: una cimice, installata dagli investigatori su un'auto, capta una conversazione sbalorditiva in cui l'ormai anziano ex racconta a chi lo accompagna la storia di quella terribile giornata. Ammette, descrive e aggiunge dettagli. Insomma, un sorta di confessione in piena regola che però ora l'avvocato Davide Steccanella proverà a smontare.

Dunque, «cold case» fino alla fine e nessuna volontà di riconciliazione per un fatto spaventoso che da un certo punto di vista poco aggiunge al curriculum dei tre, condannati al carcere a vita e ormai liberi dopo decenni dietro le sbarre.

Vittorio Vallarino Gancia, il re dello spumante, non ci sarà: è morto nel 2022, ormai novantenne. Le Br da quel rapimento non recuperarono una lira. Ma, superata la tempesta, organizzarono a Genova nel 1977 il sequestro di Pietro Costa e con quello comprarono anche la prigione di Aldo Moro.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica