Il Colle "attende notizie" Tempi stretti per il voto

Quasi impossibili le urne prima dell'estate. L'idea di affidare alle Camere la nuova legge elettorale

Il Colle "attende notizie" Tempi stretti per il voto

Votare di nuovo? E prima dell'estate, addirittura? C'è sul Colle una buona dose di «meraviglia» per l'ultima sparata di Matteo Salvini, che dice di voler tornare subito alle urne «se non ci sarà un accordo di governo tra i primi e i secondi». Parole considerate poche opportune, visto che soltanto il capo dello Stato ha il potere di sciogliere le Camere, ma alle quali non viene dato un peso eccessivo: siamo alla vigilia delle amministrative del Friuli-Venezia Giulia, suvvia, un po' di propaganda è nelle cose. Tanto più che la finestra elettorale estiva è di fatto quasi chiusa.

L'ultima domenica utile per richiamare i cittadini ai seggi è infatti il 24 giugno: oltre non si può andare, perché a luglio e agosto gli italiani si muovono e il risultato sarebbe pesantemente condizionato da un'affluenza ridotta e «a chiazze», con diversi tassi di assenteismo tra sud e nord. C'è poi da considerare il voto all'estero, tutelato dalla legge Tremaglia. E siccome le procedure devono essere avviate tra i 45 e i 60 giorni prima, ecco che il 9 maggio diventa la data limite. Vicina, vicinissima: il capo dello Stato non dovrà faticare troppo per superarla.

Certo, con il passare dei giorni e l'accumularsi di esplorazioni istituzionali e di tentativi falliti, la prospettiva del voto (in autunno) si sta obbiettivamente avvicinando, anche dal punto di vista del Quirinale. Due mesi se ne sono già andati. Sergio Mattarella ha comunque deciso di concedere i tempi supplementari alla trattativa M5s-Pd e adesso «aspetta segnali chiari» dai partiti prima di fare una prossima mossa. Domani le regionali friulani magari potrebbero fare chiarezza sul versante del centrodestra e, chissà, far ripartire il negoziato tra Salvini e Di Maio. Mercoledì al Nazareno si riunirà la direzione per stabilire se i timidi approcci dei Cinque stelle siano sufficienti per sedersi al tavolo con loro. E nel frattempo anche i pentastellati dovrebbero consultare la loro base attraverso la piattaforma Rousseau.

Il presidente quindi «attende notizie». Se entro la metà della prossima settimana non saranno arrivate, se come tutti prevedono l'intesa M5s-Pd abortirà, se il negoziato tra grillini e centrodestra non si rianimerà, allora deciderà il da farsi. Certo, non è che gli restino più molte carte in mano. Potrebbe sempre fare un terzo giro di consultazioni, o lanciare un appello pubblico «di responsabilità» ai partiti, o provare a superare lo stallo con una sua iniziativa. Sì, ma quale? Il governo del presidente non sembra praticabile: Lega e Cinque stelle si sono già chiamate fuori.

Non resterebbe che tornare al voto, prospettiva che però Mattarella considera inutile e dannosa, se prima non si cambia la legge elettorale. E in autunno c'è la Finanziaria da mettere in sicurezza. Servirebbe un governo di traghettamento. Gira pure l'idea di lasciare Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi per il disbrigo degli affari correnti, mentre il Parlamento si occupa di mettere a punto una riforma che garantisca maggioranze certe e governabilità. Il problema è che non esiste una legge che piace a tutti.

Se si attribuisce un premio di maggioranza al singolo partiti si favoriscono i Cinque stelle, se lo si dà alla coalizione, allora si avvantaggia il centrodestra. Intanto la domanda è: chi rappresenterà l'Italia al vertice europeo di giugno che discuterà di immigrazione e bilanci?

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