Debole, marginale. Quasi inutile. Insomma è «troppo timida» e divisa l'Europa sullo scacchiere internazionale, dice Sergio Mattarella, troppo in balia degli eventi, così com'è organizzata oggi, «priva di «una politica estera e di difesa comune». Bisogna cambiare, correre, fare «uno scatto» perché, lo si è visto in Afghanistan, la Ue «non può permettersi di essere assente da scenari ed eventi le cui conseguenze poi ci si ribaltano contro». L'emigrazione e il terrorismo, tanto per dirne due.
Al Forum di Cernobbio il messaggio del capo dello Stato si incanala sulla scia del nuovo protagonismo italiano del governo Draghi, offrendone una copertura istituzionale. C'è un'Europa che ci piace e si fa valere, spiega il presidente, quella che ha saputo reagire al Covid e alla crisi economica, creando con il Recovery Plan «una cornice favorevole agli investimenti pubblici e al rilancio», aspettando il «contributo dei privati»: il progetto New generation «rappresenta una svolta» e migliorerà la vita dei cittadini. Ma c'è pure un'Europa che non funziona ancora, quella appunto «timida» e incapace di reggere l'urto degli avvenimenti mondiali: ci siamo accorti la mancanza di libertà in un luogo lontano «non colpisce solo le nostre coscienze, ma la nostra vita». Tocca lavorarci su, e in fretta.
Peccato, perché di fronte alla pandemia e alle sue conseguenze sanitarie, finanziarie e sociali l'Unione «ha dimostrato una capacità di reazione efficace e tempestiva e le azioni intraprese, sia sul terreno delle campagne di vaccinazione sia del sostegno alla crisi, confermano la bontà delle scelte». Lì si è vista «una sovranità condivisa a livello continentale» e si è dimostrato che «l'integrazione europea consente di giocare a livello internazionale sul piano economico una massa critica a tutto vantaggio dei popoli della Ue». Ci aspettiamo una «fase ancora più positiva» di rilancio, però i primi risultati si vedono già.
E cita con orgoglio le cifre della ripresa italiana, la crescita del sei per cento nel 2021 e del 4,5 nell'anno prossimo, che ci pone «al quinto posto tra i Paesi del G20, con un incremento a due cifre della produzione industriale». Un rapido rimbalzo frutto di «una forte volontà politica» che ha portato alla nascita del governo Draghi e che, a livello di Bruxelles, «ha consentito di superare le diverse sensibilità e di dare vita a una dimensione operativa senza precedenti». Basta con l'austerity e i tetti al deficit, tutti i partner hanno capito che questo è il momento di investire.
«Una svolta», però adesso è giunto il momento di cambiare sostituire l'ormai vecchio Trattato di Lisbona. Il Recovery non può essere «uno strumento da usare una tantum», bensì una nuova filosofia.
Ma non basta. Il rilancio finanziario, avverte Mattarella, sarebbe incompleto senza una crescita politica. Il capo dello Stato è più che mai esplicito: «Analogo impegno deve riguardare il contributo dell'Unione alla causa dello sviluppo, della pace, della sicurezza». Non si può perdere tempo, di fronte alla globalizzazione dei mercati occorre che avvenga «la diffusione dei diritti per il raggiungimento della piena dignità delle persone in ogni angolo del pianeta». In sintesi, come ha spiegato domenica scorsa a Ventotene, «la democrazia ha bisogno di capacità operativa» se vuole diffondere lo Stato di diritto, la libertà, i suoi valori e difendersi nelle crisi. Strategie comuni, soldati, una politica estera europea.
Serve questo, perché la Ue «non può essere assente da eventi che si ripercuotono sui Paesi che la compongono e dalla definizione delle regole che presiedono alle relazioni internazionali». Bruxelles deve sedersi a quei tavoli e parlare con una voce sola.
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