"Colloqui seri sulla tregua". Ma l'Onu non trova l'intesa

L'ipotesi di un cessate il fuoco lungo. Hamas al Cairo. Bibi: "Avanti fino alla vittoria". Slitta ancora il voto alle Nazioni Unite

"Colloqui seri sulla tregua". Ma l'Onu non trova l'intesa
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La guerra di Gaza è in un momento delicato: a Shejaia e a Jabalia, al nord, il lavoro dell'esercito sembra avere concluso una fase; qualche battaglione di paracadutisti esce per qualche giorno, si misura lo sforzo militare ed economico di tenere al fronte 250mila riservisti, e ogni mattina si mescola al dolore con cui si devono annunciare i nomi di due, tre, cinque soldati che hanno perduto la vita nella notte. Oltre alla battaglia, bruciano gli ostaggi: due video di Hamas, hanno mostrato la desolazione, lo stato di bisogno di cinque rapiti che supplicano di salvarli.

La tragedia dei tre ostaggi uccisi per sbaglio dai soldati è ancora più crudele: adesso si è scoperto che i soldati, cinque giorni prima, avevano ucciso i loro carcerieri. Gli ostaggi avevano iniziato a girovagare in cerca di aiuto, finché l'esercito non li ha confusi per uomini di Hamas. È troppo doloroso: Israele agisce per riportare i suoi a casa. Dopo una riunione delle famiglie con Netanyahu, Israele è apparsa decisa a fare le sue proposte, mentre Hamas aspettava, puntando sull'effetto perversamente manipolatorio delle sue mosse. Ma il suo teatro proviene da sotto le rovine, Sinwar ha bisogno di una tregua: e così, Israele dimostra disponibilità, e Ismail Haniyeh si è recato in Qatar, dove sta comodo e protetto. È andato fino al Cairo per una nuova trattativa: si tratterebbe di uno scambio fra ostaggi «umanitari» e grossi prigionieri di sicurezza, e una tregua accompagnerebbe lo scambio. Sinwar sa che se riuscisse a pilotare tre o quattro autobus con prigionieri di sicurezza (non le donne e i giovani che finora hanno ottenuto poca fama), diventerebbe il re del terrorismo palestinese e della jihad internazionale. Secondo la sua perversa visione, questo lo consegnerebbe alla schiera dei martiri di Allah, esalterebbe la santità della sua guerra, rimotiverebbe chi nutre dubbi.

Inoltre se ottenesse una tregua lunga, potrebbe rilanciare il lavoro nelle gallerie (al sud, perché al nord non sono più tante) e cercare di conservare una futura presa sulla Striscia. Israele sa benissimo che la posta è alta, chi parla di «tregua» e di «pace» e pensa alla lunga durata, non capisce, non sta parlando di Hamas, perché le sue aspirazioni sono diverse.

Quindi tutto è incerto, salvo il fatto che gli americani tifano per una pronta risoluzione, e che mentre riaffermano il loro sostegno a Israele, contestualmente disegnano, come testimonia un documento del Dipartimento di Stato, una prospettiva in cui Israele dovrebbe passare a una fase «meno intensa» in cui si immagina la partecipazione a un futuro governo della Striscia da parte di Palestinesi anti-Hamas. Un'ipotesi che Israele non considera realistica: nell'Autonomia Palestinese l'appoggio a Hamas supera l'80 per cento, e gli attacchi terroristici dal 7 di ottobre sono stati circa 1300. Ma lo scambio dei prigionieri è imperativo, anche se Netanyahu ha sentito ieri il bisogno di sgombrare il campo: «Combatteremo fino all'ultimo» ha detto «fino alla vittoria, Sinwar ha solo la scelta fra la resa e la morte, i nostri tre fini sono la cancellazione di Hamas, la liberazione dei rapiti, la cancellazione di qualsiasi pericolo proveniente da Gaza».

Parallelamente, si tratta, stavolta si tratterebbe di 40 ostaggi: persone anziane, malati e feriti. In cambio forse sarà una settimana di tregua che aumenterebbe se aumentassero gli scambi. Quello che vuole fare Sinwar, lo sanno solo Hanyie e i suoi amici, prima di tutto il Qatar e l'Iran e poi l'Egitto che stavolta ha più peso in quanto ospite. È una trattativa che implica un grande rischio: che l'esercito si scompigli, e la gente perda la forza e l'unità che l'ha guidata dal 7 ottobre.

Ieri, nel frattempo, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha rinviato a oggi il voto per la risoluzione (che prevederebbe «ampie pause umanitarie») presentata dagli Emirati Arabi Uniti che chiede un cessate il fuoco immediato tra Israele e Hamas. Il rinvio è stato deciso per evitare un nuovo veto da parte degli Usa, che hanno messo in discussione la dicitura «sospensione delle ostilità».

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