Colpo di spugna di Renzi: salvate le 4 banche in crisi

Varato il decreto con 3,6 miliardi degli istituti di credito. C'è Banca Etruria del papà della Boschi, assente in Cdm

Colpo di spugna di Renzi:  salvate le 4 banche in crisi

L'industria del credito italiano mette e a disposizione 3,6 miliardi per salvare, tramite le leve del fondo di risoluzione, BancaEtruria, Cari Ferrara, Banca Marche e Cari Chieti, e i loro correntisti dalla gogna del bail-in che entrerà in vigore da gennaio. Gli istituti erano tanto malconci da essere tutti commissariati da Bankitalia, tanto da costringere il Consiglio dei ministri a una riunione domenicale per approvare il decreto, una volta ricevuto il benestare dell'Europa, che aveva invece bloccato l'ipotizzato ricorso al fondo interbancario perché ritenuto un aiuto di stato: assente della riunione il ministro Maria Elena Boschi, il cui padre Pier Luigi è stato vicepresidente della stessa Etruria. Ora, rimarca l'esecutivo, «non è previsto alcuna forma di supporto pubblico».Scorrendo il decreto legge si scopre tuttavia il secondo punto nodale dell'accordo. Quello del fisco, da cui si evince la sostanziale messa in sicurezza dei crediti di imposta delle nuove quattro banche ponte in bonis che da oggi, dopo lo scorporo dei crediti deteriorati, prendono il posto dei quattro istituti in crisi. Si tratta di un precedente con l'erario fondamentale per l'intera industria del credito che, attraverso il presidente dell'Abi Antonio Patuelli, sta combattendo con ogni mezzo per ottenere un diverso trattamento delle cosiddette «Dta» (deffered tax asset) e che, con la discesa dell'Ires, rischiava di vedersi scoppiare tra le mani una mina da 5 miliardi.Presidente delle quattro banche «sane» - ribattezzate «Nuova CariFerrara», «Nuova BancaEtruria», «Nuova Banca Marche», «Nuova CariChieti» - diventa l'ex direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro: tutte finiscono comunque sotto l'ala delle neonata unità di risoluzione di Bankitalia.Lo spezzatino prevede poi la creazione di un'unica bad bank, dove confluiscono le sofferenze (cioè i prestiti che famiglie e imprese non sono riusciti a restituire) delle quattro ex malate terminali, previa una massiccia svalutazione degli stessi (da 8,5 a 1,5 miliardi di euro) in modo da permetterne la vendita agli «spazzini» del mercato. L'Unione europea, secondo il commissario Vesrtager il piano «riduce al minimo le distorsioni della concorrenza», calcola che ne deriverà un ulteriore beneficio di 400 milioni. Non solo, ora che sono ripulite, devono trovare al più presto un nuovo padrone anche le banche ponte; e qualcuno pensa che alcuni big potrebbero aver già prenotato un posto a tavola.Impossibile però ottenere in tempo utile da tutte le 155 istituti di credito aderenti all'Abi i 3,6 miliardi necessari per accendere il fondo di risoluzione, ricapitalizzare le banche ponte e coprire la differenza tra gli attivi trasferiti e le passività: è previsto che l'industria del credito versi in un sol colpo nel fondo tutte le rate da qui al 2018. Come anticipato, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi concederanno quindi un finanziamento ponte per l'intero importo: l'impegno sarebbe pari a 1,2 miliardi per ciascun istituto.

Il prestito dovrebbe essere suddiviso in due tranche, di cui quella a breve termine da 2 miliardi scadrebbe a fine anno, quando tutti i gruppi avranno iniziato a trasferire i soldi al fondo. Il resto dopo la vendita degli asset.

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