«Senza conservatori e senza rivoluzionari, l'Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico». Piero Gobetti scrisse queste parole circa 100 anni fa. Purtroppo sono rimaste attualissime perché nel nostro Paese non ha mai prevalso un atteggiamento liberale né all'interno del dibattito pubblico né, purtroppo, in politica. La demagogia cui accennava Gobetti si nutre di retorica, suo naturale propulsore. La maggioranza degli opinion leader trascorre il tempo oscillando tra l'esaltazione del pauperismo «francescano» e la rivalutazione (quando non l'invocazione) del ruolo dello Stato. Ora la classe degli intello è chiamata a prodursi in un esercizio di stile sull'eliminazione del tetto ai compensi di 240mila per la Stretto di Messina spa. Scandalo! Vergogna! Indecenza (copyright di Elly Schlein)! E chissà come sarebbe proseguito il profluvio se Pietro Ciucci, ad della società in questione, non avesse precisato che la norma del dl Asset serve a garantire l'assunzione di professionalità adeguate («ingegneri ed esperti con le massime competenze»). Perché in Italia, quando si tratta di pubblico, la «competenza» è un optional e non a caso siamo stati governati dai Cinque stelle. Ed è proprio per rispondere al populismo pentastellato con uno di segno opposto che l'ex premier Matteo Renzi nel 2014 decise di fissare a 240mila euro il tetto degli stipendi dei dirigenti delle società pubbliche salvando (per carità di patria) le quotate come Eni, Enel e Leonardo e le emittenti di titoli obbligazionari come la Cdp (e la Rai, anche se ultimamente le retribuzioni si sono adeguate). Il motivo dell'eccezione è semplice: quale manager guiderebbe un colosso di Stato senza vedere riconosciuta la sua professionalità e tutelato il suo rischio reputazionale? A Renzi interessava solo fermare l'onda grillina, mica la qualità del personale dirigente. D'altronde, siamo il Paese del reddito di cittadinanza, degli 80 euro, dei falsi invalidi, delle infornate nella pubblica amministrazione e, quindi, remunerare competenza e professionalità non è un obiettivo prioritario.
Come non lo è per Schlein, per Giuseppe Conte ma anche per Maurizio Landini. Probabilmente non hanno letto Ayn Rand per cui libertà è «non chiedere nulla, non aspettarsi nulla, non dipendere da nulla». E non è un caso che laddove non ci sia (abbastanza) libertà ci siano i tetti agli stipendi.
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