Riaprire i termini del concordato preventivo biennale. Il Consiglio nazionale dei commercialisti si è schierato a favore dell'ipotesi di lavoro che in ambienti della maggioranza non si esclude possa in qualche modo realizzarsi. La possibilità di adesione è scaduta il 31 ottobre, ma i professionisti avevano chiesto più tempo proprio perché le scelte definitive dei contribuenti sono state effettuate in maggioranza proprio con l'approssimarsi del termine, caricando ulteriormente gli addetti ai lavori. «Sicuramente - ha dichiarato il presidente del Consiglio Elbano de Nuccio - rappresenterebbe un'opportunità per chi non ha avuto il tempo materiale per fare le dovute riflessioni» sulla possibilità di trovare un'intesa col fisco e di versare la somma concordata. Così come costituirebbe una chance per ragionarci su per quanti «hanno aderito frettolosamente», ha concluso il presidente degli oltre 120mila commercialisti italiani.
Scaduti i termini e in attesa di conoscere tra una decina di giorni i proventi da parte dell'Agenzia delle Entrate, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito che è fondamentale sostenere il ceto medio. «I fondi del concordato preventivo devono essere utilizzati per ridurre l'Irpef», ha dichiarato ad Affaritaliani.it alludendo a un taglio dell'aliquota media per chi dichiara oltre i 40mila euro lordi annui possibilmente fino alla soglia dei 60mila euro. La speranza è tagliare il prelievo dal 35 al 33% estendendo appunto il campione dagli attuali 50mila euro annui a coloro che hanno un reddito fino a 60mila euro.
Per raggiungere questo obiettivo servirebbero circa 2,2 miliardi. Il concordato è stato chiuso alla fine di ottobre proprio per essere certi delle risorse in modo da poterle impiegare immediatamente. Il gettito stimato, anche se non dichiarato (il ministro dell'Economia Giorgetti ha più volte ripetuto che si è cifrato zero proprio per essere prudenti). Una riapertura dei termini, quindi, non avrebbe diretto impatto su questo dossier ma consentirebbe comunque di aumentare gli incassi.
Secondo un sondaggio condotto da Confartigianato su oltre 46mila imprese che presentano i requisiti di accesso, il tasso di adesione al 22 ottobre si sarebbe attestato oltre il 18% degli oltre 4,5 milioni di partite Iva eleggibili per l'operazione. «Vista l'accelerazione registrata nell'ultimo periodo e il numero di incontri con le imprese previsto dalle associazioni di Confartigianato, il tasso definitivo di adesione è destinato ad aumentare per raggiungere almeno il 23%», ha spiegato l'associazione presieduta da Marco Granelli. La rilevazione ha interessato territori nei quali si concentra il 50,5% delle imprese artigiane italiane, il 45,8% delle micro e piccole imprese e il 46,8% degli imprenditori soggetti agli indicatori sintetici di affidabilità fiscale (Isa).
Insomma, come per i commercialisti, anche gli artigiani hanno chiesto più tempo per fornire un'adeguata informazione.
Non tutti, infatti, sanno che aumentando un po' l'imposta ci si libera dai controlli per due anni e si paga una flat tax sui redditi incrementali oltre ad aver la possibilità di aderire al ravvedimento speciale 2018-2022. «Solo in questo modo potremo garantire il successo dell'iniziativa e una reale opportunità per le imprese», ha detto Granelli.
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