Condotte Spa, caos a 5 stelle fra sprechi e stipendi d'oro

I commissari accusati di aver svenduto quote di società ora vogliono 34 milioni. Uno di loro registrava il ministro Urso

Il ministro Adolfo Urso
Il ministro Adolfo Urso

La rivelazione è passata sotto silenzio, ma lascia sbalorditi. Nel Paese degli spioni, c'è anche chi registrava di nascosto Adolfo Urso nel suo ufficio a Roma. Pare incredibile, ma a dirlo è stato lo stesso ministro delle Imprese che ha aggiunto il nome di chi «intercettava» le riunioni che si svolgevano al ministero: l'ex commissario di Condotte d'Acqua Spa, Giovanni Bruno.

«Il professor Bruno - ha affermato Urso in risposta all'interrogazione presentata dalla deputata M5S Emma Pavanelli - ha registrato clandestinamente le conversazioni intercorse negli uffici del ministero delle Imprese. Trattasi di riunioni presiedute da un ministro nell'esercizio delle sue funzioni. Non risulta esistere - aggiunge Urso - alcun precedente di tale gravità, in particolare nell'ambito di procedure commissariali dove la fiducia reciproca é un elemento imprescindibile».

E in effetti, la fiducia dev'essere venuta meno se Bruno accumulava nel suo archivio i file dei meeting e se alla fine Urso ha revocato lui e gli altri due commissari che ora sono sul piede di guerra E chiedono, per le loro consulenze, la stupefacente cifra di 34 milioni di euro. Naturalmente a carico del contribuente.

Anche questi numeri, che paiono quasi fantascientifici, sono arrivati da Urso nelle risposte alle domande di Pavanelli. «I Commissari straordinari uscenti di Condotte d'Acqua Spa hanno formalizzato una richiesta di compensi pari a quasi 34 milioni di euro. Cifra abnorme e in contrasto con i criteri per la determinazione dei compensi degli organi commissariali delle amministrazioni straordinarie». Già che c'è Urso, replicando alle domande della parlamentare, si toglie un altro sassolino e ricorda che le regole erano già in vigore nel 2020 quando il suo predecessore, Stefano Patuanelli, sempre del Movimento 5 Stelle, diede al trio «un acconto sui compensi pari a oltre 2 milioni di euro».

Sì, perché i Commissari furono battezzati dall'esecutivo giallorosso, e in particolare dalla componente grillina, e mandati via fra ricorsi e controricorsi dall'esecutivo di Giorgia Meloni. Le regole erano quelle previste dal decreto ministeriale del 3 novembre 2016 e invece la terna composta da Giovanni Bruno, Gianluca Piredda e Matteo Uggetti ricevette gli emolumenti sulla base di un altro decreto, precedente, che però disciplinava i «compensi di un'altra categoria professionale, vale a dire i curatori fallimentari e i Commissari giudiziali dei concordati preventivi».

Non è una questione di lana caprina, perché sulla base di questa eccezione avrebbero ricevuto «un compenso molto più elevato rispetto a quanto sarebbe spettato osservando i dettami del decreto ministeriale del 3 novembre 2016. Noi - è la chiusa durissima del ministro - non facciamo queste eccezioni per gli amici, soprattutto quando in gioco ci sono i soldi delle imprese creditrici e dei cittadini».

Gli amici, par di capire, dei 5 Stelle. Se si va a controllare, si scopre che il professor Giovanni Bruno era stato nominato con gli altri due professionisti nel 2018 da Luigi Di Maio per gestire l'amministrazione straordinaria di Condotte, una delle più grandi aziende italiane nel settore dell'ingegneria e delle costruzioni, entrata nell'orbita del ministero dopo essere sprofondata in uno stato di crisi.

Bruno, Piredda e Uggetti restano sei anni, poi nel 2024 vengono licenziati e sostituiti in corsa da altri tre professionisti, mentre i colpi di scena si susseguono in un turbine di sospetti e contestazioni. Le registrazioni pirata, la sontuosa querelle sui compensi milionari, e poi ancora le consulenze oggetto oggi di un approfondimento da parte dei nuovi commissari. E ancora, un capitolo tutto da esplorare: la vendita, che Urso teme sia stata una svendita a prezzi stracciati, della quota, il 15 per cento, posseduta da Condotte nel Consorzio Eurolink, quello chiamato a realizzare un'opera senza precedenti come il Ponte sullo Stretto.

Sul primo punto, Urso scocca un'altra freccia acuminata: «I nuovi Commissari stanno ricostruendo l'entità e l'effettiva utilità delle consulenze riconosciute nel corso degli anni». E ancora, se non fosse sufficientemente chiaro: «Gli incarichi professionali conferiti nel corso degli anni dai precedenti Commissari sono numerosissimi e prevedono onorari molto rilevanti, ad esempio con compensi pattuiti per 900mila euro per singolo incarico».

Dunque, sarà interessante leggere il report finale e vedere chi sono i professionisti che hanno lavorato e nuotato, se è vero quel che sostiene Urso, nell'oro di Condotte. Poi c'è il capitolo Eurolink, se possibile ancora più clamoroso e di fatto la scintilla che ha provocato la caduta dei Commissari. Urso sottolinea che la «valutazione della partecipazione in Eurolink, pari a 3,2 milioni di euro, si sia basata su una vecchia perizia risalente al 2021, quando il progetto» del Ponte «era stato del tutto abbandonato». Ma quando la vendita è stata perfezionata, il 30 marzo 2023, lo scenario era completamente cambiato e il Ponte era tornato in rampa di lancio.

Quella quota, insomma, era diventata strategica e una seconda perizia le attribuisce un valore ben più alto, «in un range compreso fra i 43,15 e i 14,24 milioni». Quattordici milioni, a stare bassi, contro i 3 o poco più incassati.

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