Confindustria vota per Renzi: "Recessione se vince il No"

L'assist al premier del Centro studi: con il Sì 4 punti di Pil in più. Brunetta (Fi): "Inaccettabile terrorismo"

Confindustria vota per Renzi: "Recessione se vince il No"

Il Sì al referendum costituzionale è necessario, pena la recessione. Confindustria schiera l'artiglieria pesante - il proprio Centro studi - in appoggio al premier Renzi e al suo progetto di riforma costituzionale. Se prevarranno i NO, è il messaggio, l'economia italiana soffrirà.

Confindustria, circa dieci giorni fa, si era schierata ufficialmente per il Sì al referendum di ottobre. Il Consiglio generale aveva infatti condiviso all'unanimità la posizione del presidente Vincenzo Boccia. Ieri ha compiuto un ulteriore passo in avanti. «Se l'Italia dice no alla riforma costituzionale, la ripresa è a rischio», hanno avvertito gli economisti del Centro studi di Viale dell'Astronomia. Secondo il Csc, infatti, rispetto alle previsioni se prevalesse il No avremmo il Paese in recessione a partire dal 2017, con un calo nell'arco di tre anni di un 4% del Pil e una flessione del 17% circa degli investimenti. E non è finita: si registrerebbero una perdita di 600mila posti di lavoro e un aumento di 430mila poveri.

Confindustria si schiera per l'approvazione del referendum perché «condivide argomenti e contenuti», ha ribadito Boccia sottolineando che «la riforma è una questione di governabilità e di stabilità». Certo, il 23 giugno gli imprenditori riuniti nel Consiglio generale avevano ammesso che la riforma era «senz'altro migliorabile», ma avevano già spiegato di considerarla «precondizione indispensabile per realizzare quelle riforme economiche necessarie al rilancio della crescita». Una sorta di messaggio subliminale allo stesso Renzi per invitarlo al rispetto degli impegni presi con il mondo imprenditoriale. A queste osservazioni ieri si è aggiunto lo spauracchio della recessione.

Le reazioni politiche, da destra a sinistra, sono state improntate alla condanna dell'anatema confindustriale. «Inaccettabile terrorismo per conto terzi del Centro Studi. Vergogna!», ha twittato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Che poi in una nota più lunga ha spiegato che quello di Confindustria non è ufficio studi ma «Minculpop». Matteo Salvini, leader della Lega Nord ha parlato di «uno scambio di favori evidente» tra governo Renzi e imprenditori. «Se vince il No, più buco nell'ozono, più incidenti stradali, più mortalità infantile», ha chiosato Gaetano Quagliariello (Idea) invocando maggiore serietà. «Pur di sostenere la sua ostinata campagna a favore del Sì al referendum Confindustria, e il suo Centro studi, arrivano a prevedere in caso di vittoria dei no le dieci piaghe d'Egitto o quasi, mancano solo le cavallette», ha commentato ironicamente il leghista e vice presidente del Senato Roberto Calderoli.

«L'intervento a gamba tesa di Confindustria, il cui Centro studi profetizza l'apocalisse economica se la riforma di Renzi sarà sconfitta al referendum, è un'operazione sfacciata di puro terrorismo mediatico», ha affermato Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto al Senato.

«Questo sguaiato tentativo di spaventare gli elettori per costringerli ad approvare una pessima riforma costituzionale - ha spiegato - rivela solo quanto i poteri che sostengono il governo Renzi siano ora terrorizzati dall'esito del referendum». Le ha fatto eco il capogruppo dei deputati di Sinistra italiana Arturo Scotto: «La nostra classe imprenditoriale invece di pensare a quale sarà l'esito del referendum lavori per far ripartire l'Italia».

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