Non c'è un giorno di riposo nell'agenda del premier Keir Starmer. Il trasloco al nuovo indirizzo di Downing Street non è ancora ultimato - ieri mattina un divano rosso brillante e un piano graditi al precedente inquilino sono stati rimossi - che il leader laburista già parte per visitare Scozia, Irlanda del Nord e Galles. Prima di raggiungere la sua prima tappa però, il primo ministro ieri mattina ha avuto dei colloqui telefonici con il presidente degli Emirati Arabi, lo sceicco Mohammed Bin Zahedan al-Nahyan, il presidente del Sud Africa Cyril Raraphosa, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e con il leader palestinese Mahmoud Abbas.
A quest'ultimo Starmer ha detto che il riconoscimento dello Stato di Palestina come parte del processo di pace nel Medio Oriente è «un diritto innegabile», posizione contenuta anche nel manifesto elettorale del Labour che crede nella creazione di due Stati come soluzione al conflitto Israele-palestinese. A Netanyahu il premier ha ripresentato le sue condoglianze per le tragiche perdite subite nell'attacco di ottobre, ma ha altresì confermato la necessità di un cessate il fuoco a Gaza, il rilascio degli ostaggi e un immediato aumento nel volume degli aiuti umanitari ai civili. Nel pomeriggio Sir Keir era già ad Edimburgo dove ha partecipato ad un incontro del Labour insieme al leader laburista scozzese Anas Sarwar, probabile premier dopo le elezioni del 2026, sostituendo John Swinney del Partito Nazionalista Scozzese (fortemente penalizzato dalla vittoria laburista) che Starmer ha visto subito dopo. «Finalmente abbiamo un governo che tiene alla Scozia», ha detto Sarwar.
Mentre il nuovo premier prosegue il suo viaggio nel Regno, arrivano dalle colonne del Sunday Times i consigli del suo più famoso predecessore, Tony Blair, che lo ha invitato e predisporre in tempi brevi un piano per il controllo dell'immigrazione. Argomento scivoloso questo, per Starmer, che non vuole scontentare le frange più a sinistra del partito. Secondo Blair però, una posizione ferma va presa, se si vuole impedire un rigurgito populista. «Se non abbiamo delle regole, avremo i pregiudizi», ha scritto Blair, comparando la Gran Bretagna ad altri Paesi europei, Francia in testa, «dove i partiti tradizionali sono in difficoltà» e quelli emergenti «gestiscono la rivolta» in una tendenza guidata da «problemi culturali forse ancor più che da motivi economici». L'ex leader ha chiesto a Starmer di introdurre la carta d'identità digitale come strumento di controllo dei clandestini, piano che lui stesso aveva tentato di far passare senza successo e che già ieri è stata comunque rigettata dal ministro degli Interni del neo governo.
E mentre il ministro degli Esteri David Lammy si trovava in Germania e il suo collega tedesco esprimeva l'intenzione di rafforzare i rapporti con il Regno Unito,
immediato giungeva l'avvertimento dell'ex premier conservatore Boris Johnson. «Con il governo laburista saremo di nuovo vassalli dell'Europa», ha scritto il firmatario dell'accordo sulla Brexit nel suo editoriale sul Daily Mail.
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