Le rotte nel Mediterraneo sono numerose e quelle che provengono dalla Libia sono tra le più frequentate, come dimostrano i numeri del Viminale. È qui che operano principalmente le navi delle Ong, in particolare lungo quella Tripolitania: Zuara è l'hub di partenza della maggior parte dei convogli libici che tentano la traversata per raggiungere l'Italia. Durante la nostra inchiesta ci siamo imbattuti in un trafficante che proponeva partenze per Lampedusa in questo weekend e abbiamo deciso di contattarlo fingendoci interessati al suo «lancio».
Stranamente loquace, cerchiamo di incalzarlo per capire come vengono organizzate le partenze dalla Libia e come le navi delle Ong vengono, eventualmente, utilizzate come pull-factor da parte degli organizzatori per convincere i migranti a versare il denaro, in questo caso 7000 dinari libici, l'equivalente di poco meno di 1.400 euro, e a salire sulle traballanti carrette del mare che vengono spinte fino ai confini marittimi del nostro Paese, a meno che non incrocino prima una delle navi della flotta civile. Ci spiega che il suo convoglio punterà su Lampedusa, partendo proprio da una spiaggia di Zuara. Ci aspettavamo questa risposta e allora insistiamo, chiedendo se, vista la distanza dall'Italia, lungo quel viaggio troveremo «navi di soccorso», come le chiamano nelle loro chat. «Sì, le navi sono in mare», ci risponde l'uomo.
Quindi, cerchiamo di capire di più e lui, per rassicurarci, ci spiega: «Vi guiderà il capitano alle navi di soccorso». Emerge che la nostra destinazione, se fossimo a bordo di una di queste barche, non sarebbe più l'Italia ma una delle navi Ong che hanno iniziato le operazioni nelle acque internazionali davanti alla Libia pochi giorni fa. Davanti alla sua affermazione, la domanda successiva ci viene spontanea, immaginando di dover effettuare una traversata in quelle condizioni: esistono contatti radio tra il «comandante» del convoglio e quello della nave? La sua risposta è secca: «Sì».
Ovviamente, non sappiamo se sia vero, le sue risposte devono essere prese col beneficio del dubbio ma aprono a numerosi interrogativi sulle rotte mediterranee. Gli spieghiamo che abbiamo i soldi e che siamo pronti a raggiungerlo e qui emerge un altro elemento. Durante la conversazione gli abbiamo detto che ci trovavamo in una città a breve distanza da Zuara e lui, capendo di poter stringere con noi l'accordo per partire, ci propone un transfer: «Puoi venire o ti mando una macchina?». L'organizzazione, quindi, si muove su diversi livelli e forse, proprio per evitare i controlli intensificati attorno al principale hub di partenza dalla Libia, si è attrezzata con vetture che trasportano i migranti fino al punto di imbarco. «Raggiungimi questa sera», preme l'uomo.
Cerchiamo di tergiversare, vogliamo prendere tempo per avere altre informazioni da lui e gli proponiamo di arrivare con solo qualche ora di anticipo ma appare irremovibile: «Questo non può essere e non è un gioco. Vieni subito». Capiamo che non c'è margine e allora non rispondiamo, ma lui preme, vuole chiudere l'affare, e ci chiede di inviargli il nostro numero libico. Troviamo un diversivo per evitare che capisca le nostre intenzioni e gli diciamo che lo abbiamo buttato, che in quel momento non ne abbiamo uno perché lo abbiamo eliminato. Non si fa troppe domande, evidentemente è una pratica frequente, e ci chiede nuovamente se abbiamo bisogno di una macchina per raggiungerlo.
Decidiamo di interrompere qui i contatti con lui ma insiste, evidentemente ha fretta di riempire il suo convoglio e vuole avere la certezza di avere tutte e 40 persone previste per il suo lancio: «Se non puoi venire oggi, vieni al prossimo viaggio. Decidi».
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