La guerra affossa Conte. Perché Di Maio gli ruba la scena

Il ministro degli Esteri si dimostra molto attivo. Così la tregua nel Movimento, scattata con l'invasione della Russia, avvantaggia lo sfidante interno dell'ex premier

La guerra affossa Conte. Perché Di Maio gli ruba la scena

Una guerra internazionale ha provocato, nel suo piccolo, una tregua. Molto interessata, per questioni politiche e di immagine, ma pur sempre uno stop alle ostilità interne. Nel Movimento 5 Stelle tra il leader Giuseppe Conte e il suo avversario, Luigi Di Maio, non ci sono più fendenti incrociati. L’attacco deciso da Vladimir Putin in Ucraina ha portato i due contendenti del M5S a più miti consigli, anche perché ognuno deve pensare al proprio futuro. Ed evitare di esporsi a ulteriori figuracce. “Possiamo pensare davvero alla guerra interna, visto quella che c’è là fuori?”, sintetizza la situazione un deputato vicino a Di Maio. Effettivamente sarebbe stato surreale. Ma si tratta, appunto, di una tregua forzata, non è scoppiata la pace.

Conte deve sopportare l'attivismo di Di Maio

L’invasione della Russia ha peraltro ridato nuova visibilità al ministro degli Esteri, che anche per una questione di agenda ha messo da parte la battaglia contro l’ex avvocato del popolo. A causa delle contingenze, adesso può può forgiare ulteriormente la propria immagine, è la sintesi che del ragionamento che consegnano a IlGiornale.it. In effetti il ruolo che ricopre lo rende sempre più centrale nella vita politica. Così come il tentativo, spesso molto mediatico, di girare il mondo per provare a sopperire alla mancanza di gas proveniente da Mosca. Un attivismo che, inevitabilmente, lo consolida anche all’interno del Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte che per forza di cose deve restare alla finestra. Ogni forzatura, come l’espulsione ventilata nelle scorse settimane, sarebbe improponibile. Così deve subire il suo presenzialismo, masticando amaro. Anche perché tra i due non è mai arrivato un chiarimento. Tutto è rimasto in sospeso.

Le ultime baruffe agli atti

Nella strategia politica e comunicativa, Di Maio ha vestito i panni dell’anti-Putin con qualche gaffe a corollario. Come quando ha definito il presidente della Russia “peggio di un animale”. Al netto degli scivoloni, il lavoro alla Farnesina fornisce un prestigio. Le ultime baruffe del Movimento risalgono alle nomine, di due settimane fa, dei cosiddetti capoarea. Lo scontro si è consumato in particolare sul “capoarea economico”, lo scorso 22 febbraio quando c’erano solo i venti di guerra, ma non era stato sferrato il primo attacco russo. I candidati erano Luigi Gallo, ex uomo del presidente della Camera Roberto Fico e ora più vicino a Conte, e Cosimo Adelizzi, dimaiano di ferro, uscito allo scoperto a favore del ministro degli Esteri nei momenti di tensione più forte tra i pentastellati. L’esito del voto ha premiato Gallo, che ha ottenuto più del doppio del voti dello sfidante (è finita 16 a 7), andando oltre le aspettative.

Un piccolo smacco per Di Maio, che stando a quanto risulta a Il Giornale, in quelle ore era molto impegnato a telefonare ai deputati per cercare il colpaccio con Adelizzi. Era diviso tra il lavoro istituzionale alla Farnesina e la gestione della fronda interna per evitare che molti si spostassero verso Conte.

Gli eventi, come è noto, sono precipitati. Adesso c’è bisogno di una coabitazione forzata, che potrebbe addirittura riscrivere la storia dei rapporti interni. Con Di Maio, in ogni caso, intoccabile. Al di là dei voleri contiani...

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