L'assemblea dei parlamentari dei Cinque stelle, riunita mercoledì sera, si trasforma in una clamorosa e inaspettata capitolazione per Conte. Una Caporetto. Eppure, leggendo i numeri sui deputati e senatori pronti a seguire l'ex capo del governo, doveva essere un plebiscito. Il copione cambia. Nei gruppi parlamentari comincia a circolare la sindrome Alfano: il timore di un flop al primo banco di prova elettorale. Renato Mannheimer, uno che di numeri e previsioni elettorali se ne intende, in un'intervista al Giornale certifica il rischio: «Da una parte Conte gode di un'ampia popolarità ma difficilmente riuscirà a mettere insieme un partito che, soprattutto, resista per due anni senza essere al governo».
Ma soprattutto tra i parlamentari si insinua il dubbio: «Dove andiamo con Conte? Sicuro che ci ricandida».
Si teme che l'avvocato, una volta assunta la guida del Movimento o del suo partito, scelga tra i suoi fedelissimi (esterni al Movimento) i candidati alle prossime elezioni politiche. L'operazione svuotamento si sta sgonfiando. Uno dopo l'altro, gli interventi nell'assemblea dell'altra sera sono piombati come pugni contro la coppia Casalino-Conte e i piani di scissione.
Vincenzo Spadafora, ex ministro dello Sport, prende la parola e mette subito in chiaro: «A Giuseppe Conte va riconosciuta certamente una visione politica nell'azione di governo ma non una propensione alla leadership M5s, che sono due mestieri differenti».
In difesa di Conte restano due tre parlamentari: Lucia Azzolina, Gilda Sportiello e Riccardo Ricciardi. La massa si sposta contro la separazione. Angelo Tofalo, Stefano Buffagni, Davide Crippa, Sergio Battelli: i veterani del Movimento non vogliono rompere. Ma anche i meno noti si sfilano: «Una strada percorribile potrebbe essere quella di votare l'organo collegiale su Rousseau e poi immaginare nuove modalità di dialogo con Giuseppe Conte», suggerisce la deputata Angela Raffa. L'assemblea respinge l'assalto di Conte e si chiude con una richiesta: visionare Statuto e carta dei Valori. Ma soprattutto i parlamentari chiedono un incontro con i due leader. Un faccia a faccia. L'avvocato non si tira indietro: «Se ho un invito, volentieri. Ci mancherebbe. Sono sempre a disposizione dei parlamentari».
Altra frenata a Conte arriva dal deputato campano Luigi Gallo: «Noi abbiamo spinto tutti per un accordo tra Grillo e Conte e in assemblea si è ribadito che si vuole perseguire ancora questa volontà. In questo momento noi non conosciamo ancora i motivi del conflitto reale».
Al netto delle veline, la prova di forza di Conte si avvia verso il fallimento. Luigi di Maio, vero azionista di maggioranza dei gruppi parlamentari, fa capire: «Nessun adesione al progetto Conte. Se non si trova una mediazione, si resta con Grillo». E così nelle ultime ore si registra, nelle file delle truppe contiane, un certo raffreddamento circa l'ipotesi di confluire in un eventuale, nuovo partito. Senza contare che per molti volti storici del M5S a partire dalla vicepresidente del Senato Paola Taverna, grillina della prima ora, lasciare il Movimento dopo una lunga militanza rappresenterebbe un passo difficile e doloroso. «Emerge anche la consapevolezza», spiegano fonti parlamentari, «che una larga fetta del consenso di cui oggi gode Conte è legato alla prospettiva di una sua leadership nel M5S». Si aprono le prime crepe anche nel gruppo di senatori che sembra compatto su Conte. Emerge, infine, il timore per un nuovo colpo di teatro da parte di Grillo.
L'ipotesi che il garante decida di mettere all'angolo Conte convocando una votazione sul nuovo statuto - riveduto e corretto secondo le indicazioni del confondatore del M5S - starebbe agitando (e non poco) i senatori più vicini all'ex inquilino di Palazzo Chigi.
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