Beppe Grillo, Elly Schlein. Infine, Matteo Salvini. Dopo settimane passate ad attaccare quello che è stato il fondatore del suo partito e la forza politica che dovrebbe essere l'alleata principale del M5s, Giuseppe Conte sfodera gli artigli contro il governo. Il bersaglio è Salvini. Il tema è il processo Open Arms, da cui il leghista è stato assolto venerdì sera. Si tratta di fatti che risalgono all'agosto del 2019. Quando al Viminale c'era l'attuale vicepremier, ma a Palazzo Chigi era installato proprio Conte. Che per questo, ieri, è stato tirato in ballo dal segretario della Lega. Che lo ha definito «smemorato».
Ed ecco la risposta di Conte. «Se parliamo invece di memoria, di metterci la faccia o non la faccia, non consento a nessuno di scherzare. Perché il sottoscritto, da quando ha cominciato il suo impegno politico, ci ha messo sempre la faccia e sempre ce la metterà perché per me la trasparenza con i cittadini è un modo, una premessa necessaria per fare politica. Quindi non facciamo battute», dice il presidente del M5s, ospite di In Onda, su La7. «Oggi ho letto delle ricostruzioni imbecilli. Dove si allude al fatto che questo sarebbe stato un processo con il quale io mi sarei ri-vendicato di Salvini», è l'altra staffilata di Conte, questa volta diretta contro le ricostruzioni giornalistiche sulla «vendetta» dell'ex premier contro Salvini, dopo la crisi di governo del 2019.
Conte mira a marcare le differenze tra i vari casi che si sono verificati durante quella stagione politica. «Se parliamo di vicende penali, parliamo di fatti specifici rispetto a un contesto specifico, parliamo di Open Arms, non di Diciotti o Sea Watch. Sono arrabbiatissimo perché Salvini va davanti alle persone a parlare di memoria o smemoratezza. Non si deve permettere», fa vibrare la stoccata il leader pentastellato. Poi svia l'attenzione, assestando il colpo su altre vicende. «Visto che diciamo di metterci la faccia, ricordo a Salvini che io andai a fare una informativa in parlamento sull'hotel Metropol, ricordate Savoini e compagnia? Da ministro dell'Interno Salvini aveva incontrato l'omologo russo e aveva portato Savoini che non aveva titolo per partecipare a un bilaterale così formale aggiunge Conte su La7 c'era stato l'incontro al Metropol, una vicenda in quel momento oscura. Il Parlamento chiede conto al ministro dell'Interno, lui non ci va, si sottrae come sempre. E parlava di trasparenza». Conte rinnega anche lo slogan dei «porti chiusi. «Non abbiamo detto che avremmo accolto tutti in Italia, mai parlato di accoglienza indiscriminata, ma quei porti non sono rimasti mai chiusi. Di fatto quei porti sono rimasti sempre aperti», va avanti. Poi l'affondo, che diventa insulto. «Ci sono le telefonate e i rapporti seri, costruiti con Macron e Merkel, non con le buffonate.
perché Salvini ai consigli europei dei ministri degli interni non c'è mai andato», chiosa. Infine, spazio agli aut aut ai dem, per un'alleanza basata «su chiari obiettivi politici o non ci stiamo». E una bordata al «criminale» Netanyahu: «Va arrestato».
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