Un altro doppio flop. E ora Giuseppe Conte teme la reazione della base. Un antipasto di ciò che potrebbe accadere sabato e domenica, durante la fase finale dell'assemblea costituente del M5s, lo offre sui social una candidata pentastellata alle elezioni regionali in Emilia Romagna. Si tratta di Serena Scandellari, che si sfoga su «X» dopo il flop nella tornata elettorale di domenica e lunedì. «Bella la politica, ma preferisco starne a debita distanza, specialmente - e ora lo dico apertamente - se significa stare con il Pd. Quando ho saputo dell'alleanza avrei voluto ritirarmi», scrive sull'ex twitter la mancata consigliera regionale. Poi pubblica una foto che la ritrae, sorridente, insieme a Conte. Si tratta di un caso emblematico, sintomo evidente del malumore che monta tra le seconde linee del Movimento. Ma non solo. Anche in Parlamento, perfino tra i contiani, c'è chi drammatizza l'ennesima sconfitta sul territorio. «Se non vogliamo estinguerci dobbiamo staccarci dal Pd», è il mantra che comincia a diffondersi pure tra chi è vicino al leader. «Pd e Avs ci stanno cannibalizzando», è il ragionamento, che arriva fino ai piani alti di Via di Campo Marzio, sede del nuovo Movimento contiano.
D'altronde, sono i numeri a parlare. I Cinque Stelle, in Emilia Romagna, si sono fermati al 3,5% e hanno eletto un solo consigliere regionale. Un declino che era già in fase avanzatissima nel 2019. Quando il M5s, in corsa solitaria, ottenne il 4,7%. Adesso il de profundis. Schema simile in Umbria, dove i pentastellati conquistano un misero 4,7%. Ancora peggio del 7,4% raccolto nel 2019, anche allora in coalizione con il centrosinistra. Ma ora il calo sembra inarrestabile. Perciò, al netto delle mosse di Grillo, la vera paura di Conte è un ribaltone degli iscritti, sull'onda dei flop collezionati con il campo largo, proprio per quanto riguarda i quesiti sulle alleanze. I militanti hanno a disposizione quattro opzioni sul tema degli accordi con gli altri partiti. La base potrà scegliere se bollare il M5s come «progressista», «progressista indipendente», «di sinistra» tout court o di rifiutare ogni tipo di alleanza, riposizionandosi in un'equidistanza tra destra e sinistra. A ora, secondo i bookmakers contiani, la scelta più accreditata sembra quella di dichiararsi «progressisti indipendenti». Un'ipotesi mediana, che lascerebbe al Movimento le mani libere per svincolarsi dall'abbraccio con i dem di Elly Schlein.
Ma il vero cigno nero, per Conte, che prende quota nelle ultime ore, è un rovescio clamoroso che vedrebbe gli iscritti votare in maggioranza per l'ultima opzione. Ovvero un ritorno al passato. Al «né di destra né di sinistra» delle origini. Uno scenario inedito.
Con la base che approva tutti i cambiamenti interni ma boccia la linea di Conte sulle alleanze. «In quel caso sarebbe una vittoria insperata per Grillo in un quesito importante», sospirano i pentastellati in Parlamento. Sulle alleanze Conte teme la base.
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