Il giorno dopo, i reduci dell'ennesima assemblea notturna, sono convinti che le frasi di Giuseppe Conte sulla Lega siano solo un modo come un altro per prendere tempo. Per permettere di digerire «l'ammucchiata» a più esponenti grillini possibili, in attesa del responso di Rousseau. La convinzione è che il premier uscente non abbia alcun potere di veto nel famoso «tavolo» della nuova maggioranza evocato domenica sera durante la riunione su Zoom con i parlamentari del M5s. «Si cercherà di porre condizioni tali che alcuni soggetti non potranno più rimanere al tavolo», ha promesso Conte a quella parte del Movimento dubbiosa sull'opportunità di andare al governo con la Lega e Forza Italia. «La paura di alcuni è che venga cancellato il reddito di cittadinanza», dice un pentastellato ansioso di chiudere la partita interna su Draghi. E così l'avvocato del popolo, in golfino dalla sua cameretta, parla da leader del M5s per cercare di placare le perplessità, ben sapendo però che l'unico a dare le carte è l'ex governatore della Bce, che ha già incassato con favore l'appoggio di leghisti e berlusconiani. È un Conte, quindi, che per la prima volta si rivolge all'interno del corpaccione parlamentare dei Cinque Stelle. Così la polemica nei confronti di Matteo Salvini e dell'altro Matteo, Renzi, diventa una strategia per tenere alta la tensione nella truppa. Per provare a mantenerla compatta contro gli arcinemici di sempre. Poi toccherà a Rousseau decidere. In caso di via libera nessuno potrà opporsi senza sconfessare il feticcio della democrazia diretta. E il veto sul Carroccio è un altro barbatrucco del giurista di Volturara Appula.
Il premier uscente parla anche per tenere unita la coalizione giallorossa con Pd e Leu. Marcando una differenza tra gli alleati che «hanno voltato le spalle», il riferimento è alla Lega, e quelli «leali», ovvero dem e sinistra. Ancora una volta Conte solletica la pancia anti-leghista per motivare la banda. Di Maio indossa i panni del motivatore, chiamando a raccolta contro i nemici esterni. «Negli anni hanno provato a dividere il M5s in tutti i modi, senza riuscirci mai. Ci hanno attaccato e continuano a farlo in maniera strumentale. Ogni giorno non mancano le cattiverie contro di me, contro il Movimento», scrive su Facebook l'ex capo politico. Di Maio continua a vedere il M5s come l'ago della bilancia di qualunque governo. Rivendica le bandiere grilline. A partire dal reddito di cittadinanza. «Siamo stati decisivi nel Conte I con provvedimenti simbolo come il Reddito di Cittadinanza e la legge anticorruzione. Siamo stati fondamentali nel Conte II con riforme che faranno la storia, come il taglio dei parlamentari. E continueremo ad essere determinanti», continua il ministro degli Esteri.
Quel che è certo però è che il malessere nei confronti del centrodestra è diffuso. Soprattutto il ritorno al governo con Salvini viene visto come uno smacco in diverse frange del gruppo parlamentare. Ma anche l'appoggio entusiasta di Renzi all'operazione Draghi viene vissuto con un disagio crescente, non limitato ai soli «sovranisti» filo-Di Battista. Matteo Mantero, ad esempio, è un senatore del M5s considerato vicino alla sinistra grillina.
«Uno della prima ora», lo definiscono i colleghi. Mantero minaccia: «Se ci saranno ministri di Forza Italia e Lega, è impossibile votare la fiducia. Se il governo avrà un profilo tecnico alto, valuterò». Forse qualcuno ha già scoperto il bluff dell'avvocato Conte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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