Il conto del Covid sul lavoro: un milione di inattivi in più

Allarme Istat: ad aprile sono stati persi 274mila posti Boom di scoraggiati. Oggi la protesta dei professionisti

Il conto del Covid sul lavoro: un milione di inattivi in più

La pandemia si fa sentire drammaticamente sul mercato del lavoro. Le stime provvisorie dell'Istat relative al mese di aprile certificano la perdita di 274mila posti di lavoro in un solo mese. «Una variazione mai vista negli ultimi decenni», ha commentato Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt.

Il lockdown sembra avere dato il colpo di grazia ad un mercato del lavoro già in difficoltà, come dimostra il confronto con aprile 2019: 484mila unità in meno (-23,9%). In Germania, dove la chiusura delle attività economiche è stata meno drastica c'è stato un calo molto meno pronunciato sia in percentuale (-0,5%) sia in termini assoluti (210mila unità di lavoro in meno). Comunque inedito.

Come era già successo dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008, sono tornate a crescere le persone occupabili che non lavorano e non cercano un impiego. Rispetto a marzo, quindi in un solo mese, gli inattivi sono cresciuti del 5,4%, pari a 746mila unità. Le persone in cerca di lavoro sono diminuite del 23,9%, pari a 484mila unità. Si tratta soprattutto di donne (-305mila). L'effetto statistico è una diminuzione del tasso di disoccupazione, sceso al 6,3% (-1,7% rispetto a marzo, quasi tre punti in meno rispetto al 2019). Non una buona notizia.

Il confronto sul 2019 dà la dimensione della crisi: le persone in cerca di lavoro sono diminuite di 1,1 milioni unità rispetto all'aprile 2019, gli inattivi tra 15 e 64 anni di un milione e 462 mila.

Effetto del lockdown, appunto, come dimostrano anche i dati sulle ore settimanali lavorate dai lavoratori dipendenti. Dalle 32 dell'aprile 2019 si è passati alle 22,9 del 2020; l'11,1% in meno. Gli «assenti» sono aumentati di oltre un terzo. Una tendenza marcata tra i lavoratori «indipendenti», quindi gli autonomi.

Tipologia particolarmente colpita dalla crisi legata alla pandemia, come dimostrano i dati dell'Osservatorio del Consiglio della fondazione nazionale dei commercialisti. I liberi professionisti negli ultimi dodici anni hanno perso in media 13mila euro, con un calo della produttività del 20%, a fronte di una perdita complessiva di 2.384 euro, pari al 3,8%. L'occupazione complessiva dei liberi professionisti tra il 2007 e il 2019 è calata dell'11%, mentre quella complessiva è aumentata del 2%.

Oggi 23 ordini che rappresentano 2,3 milioni di professionisti daranno vita ad una grande manifestazione online di protesta. Chiederanno di modificare il decreto rilancio e presenteranno il «Manifesto per la Rinascita dell'Italia».

Confcommercio ha commentato il dato Istat sottolineando la diminuzione del lavoro a tempo. «L'assenza di prospettive ha portato ad uno spostamento forzato di gran parte di queste persone, molte delle quali presumibilmente occupate in attività stagionali, verso l'inattività».

Di segno opposto i segnali che arrivano dall'indice Pmi servizi (un sondaggio tra i responsabili acquisti), in crescita in Italia dai minimi record di aprile di 10,8 punti a 28,9 punti. In crescita anche nel resto d'Europa. La media dei Paesi dell'area Euro è di 30,5 punti. Ancora lontani dalla soglia dei 50, limite oltre il quale non c'è più recessione.

Ad

avere già superato la soglia è stata la Cina. A maggio l'attività dei servizi di Pechino ha registrato il più forte rimbalzo in 10 anni attestandosi a quota 55, contro i 44,4 di aprile. Un segnale al quale i mercati credono.

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