"Il contratto di governo? Paravento che non regge più"

Il senatore espulso: «Dopo le Europee cambierà tutto M5s perde consensi perché è appiattito sulla Lega»

"Il contratto di governo? Paravento che non regge più"

Roma È stato espulso dal M5s ma Gregorio De Falco, con lo stesso piglio con cui ordinò a Schettino di tornare sulla Costa Concordia con la celebre frase «salga a bordo, c...», è pronto a dar battaglia.

Insomma, perché l'hanno cacciata dal Movimento?

«Le motivazioni dell'espulsione io non credo neanche siano esaustive. Il provvedimento non reca una firma. In maniera generica si evoca questa figura «mitologica» dei probiviri. Credo non sia legale e questo mi conferma un modo di fare improvvisato. Mi si imputa di aver espresso, in alcune circostanze, opinioni e voti in dissenso dalle indicazioni del gruppo. Il codice etico prevede che se c'è un presidente del Consiglio espressione dei 5 stelle il parlamentare sia tenuto a dare la fiducia».

Ma lei non lo ha fatto...

«Qui abbiamo una situazione differente, perché il presidente del Consiglio non è espressione del M5s, ma di un accordo con la Lega. Le soluzioni portate sono diverse rispetto al programma dei 5 stelle. In particolare, sul punto del Decreto sicurezza, c'è un quasi totale annullamento degli Sprar per cui era previsto un potenziamento».

Concorda con il sindaco Orlando e i disobbedienti?

«I sindaci stanno facendo ciò che giocoforza si deve fare. Per far sì che emerga l'incostituzionalità è necessario lo dica la Corte costituzionale».

Ha detto di recente che il Movimento si sta spostando a destra, è davvero così?

«È vero. Avrebbe fatto meglio a fare un'analisi del voto il 5 marzo: dopo aver eroso l'elettorato di centrosinistra, il mandato ricevuto proviene da quell'area sociale e politica e dal Sud. Non serve una grande capacità per capire per quale motivo il Movimento sta perdendo consensi: perché si sta appiattendo su tutti i temi della Lega. Addirittura su quello dell'autonomia, che in realtà è secessione».

Ora che farà?

«Dal punto di vista giuridico mi farò seguire da un avvocato. Entrerò, come da regolamento del Senato, nel Gruppo misto. Io sono di sinistra, su questo non c'è dubbio, però non vedo nel Pd alcuna possibilità. Sono legati ancora lì fermi, con Renzi che li ha tenuti ostaggio fino a ieri. Ecco perché è stato facile erodere il loro elettorato. Perché il Pd non ha proposta».

È vero che avevate poco spazio di parola?

«Si parla pochissimo di politica tra i parlamentari. Arriviamo sempre al dunque non con una posizione di sintesi, ma dopo aver ricevuto indicazioni».

Indicazioni di chi?

«A noi le dava il capogruppo, che a sua volta le riceveva da altri. Non sappiamo chi. Perché poi quando tu le ricevi da uno, dietro non vedi. Nel Movimento non c'è cultura democratica. Se neanche si discute allora si impone, qualcun altro impone».

Chi?

«Non è facile capire chi c'è dietro. Guardate la mia espulsione: tra i probiviri dovrebbe esserci anche Fraccaro che fa parte del governo, quindi un ministro potrebbe aver concorso all'espulsione di un parlamentare. Ciò significa una questione di supremazia del governo nei confronti del Parlamento».

Secondo lei questo esecutivo durerà?

«Mi sembra di capire che andranno alle Europee ognuno con i propri simboli e separatamente e dopo penso cambierà qualcosa. In Europa si avrà un'ulteriore alleanza, ma non ci sarà più da chiamarla contratto. Il contratto non regge, è un paravento».

Che può dirci del ruolo della Casaleggio nel Movimento?

«Non ho avuto quasi nessun rapporto con loro. Grillo? L'ho visto ancor meno. Solo una volta in eventi pubblici».

E Di Battista? Pensa che si candiderà?

«Credo proprio di sì».

E sulla frase di Di Maio che ha detto «Nessuno è indispensabile, uno vale uno»?

«Che nessuno sia indispensabile è vero, tanto è vero che nel M5s abbiamo deciso che non debbano esserci professionisti della politica e che quindi c'è il vincolo del doppio mandato, che significa mandato e non mandato che è stato

dato due anni in più come si è fatto per il Lazio. Uno può valere uno qualunque, oppure in una democrazia il pluralismo che la qualifica rende ognuno indispensabile perché apporta un briciolo della propria professionalità».

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