"Contro Toti una gogna, a sinistra virus manettaro"

La senatrice Fi: "A Genova sit-in da Torquemada. Ma contro mio padre nel '93 fu anche peggio"

"Contro Toti una gogna, a sinistra virus manettaro"
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Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia, non nasconde tutta la sua indignazione per il calvario giudiziario che sta vivendo Giovanni Toti. Sulla sua pelle ha vissuto la violenza del giustizialismo di piazza contro suo padre

Onorevole, quando ha visto il sit-in a Genova le sono tornate in mente le monetine lanciate a suo padre fuori dall'Hotel Raphael quel 30 Aprile del'93 ?

«No, perché quello fu tutt'altro che un sit-in. Fu una vera e propria aggressione squadrista. Ma Genova è l'ennesima riprova che il morbo giustizialista di cui è affetta questa sinistra non può essere curato. È insito nel loro DNA e, per giunta, è oggi, oltre al potere, l'unico collante politico per quell'area. Ancora una volta spostano lo scontro sul terreno giudiziario, sono loro la quintessenza del populismo, torquemada di circostanza a cui poca importa delle garanzie e della stessa vita delle persone».

Possibile che la battaglia politica spinga ad un giustizialismo così spietato?

«È possibile, se si cerca la scorciatoia della via giudiziaria. Ma il giustizialismo è la morte della politica. Ed è anche la morte dello Stato di diritto. Quando si distrugge l'integrità delle persone, li si condanna alla morte civile prima che si celebri qualunque processo, capitola la ragione si da la stura alla barbarie».

Prima di un esito processuale, sui media Toti è stato messo alla gogna. In Italia c'è un cortocircuito tra media e magistratura? E chi deve intervenire per risolverlo?

«C'è e non da oggi. E la soluzione spetta alla politica, che deve ritrovare autonomia e forza. Ma il problema è che la sinistra - ma in alcuni momenti anche alcune frange del centrodestra - hanno assecondato per troppo tempo un certo racconto, alcune derive e comportamenti, e, soprattutto, una legislazione giustizialista, alcune volte per convinzione, altre per opportunismo e viltà. Ciò ha provocato guasti anche nell'opinione pubblica e per questo non è facile intervenire».

Suo padre fu vittima di questo cortocircuito?

«Fu l'antesignano. Ma alla grancassa mediatico-giudiziaria in quel caso si unì anche un certo establishment economico-finanziario».

Dopo Craxi fu la volta di Berlusconi?

«La storia si ripete. Ma il golpe giudiziario, al di là di tutto, con Berlusconi inizia a incepparsi, a non avere la dirompenza e gli effetti sperati; gli italiani cominciano a capire la vera natura di certe inchieste e il copione perde efficacia perché manca di novità. Infatti, fu la volta degli spread e solo dopo, con un'applicazione retroattiva, la cacciata con la Severino».

Toti deve dimettersi o deve sfidare i giudici?

«Non si tratta di sfidare i giudici, si tratta di difendere prerogative personali e, aggiungo, politiche. Trovo abnorme e forzata la misura cautelare e sono certa che la Cassazione, pur con i tempi che ci vorranno, non possa che riconoscere l'iniquità di un tale provvedimento. Per questo spero che continui a tener duro, a trovare la forza di non dimettersi, perché sono certa che esiste un giudice a Roma».

Se li sfida, però, rischia. Craxi li sfidò e quelli lo perseguitarono fino alla morte

«Sono situazioni diverse. E soprattutto sono diversi i tempi. Il clima di quegli anni era un qualcosa non lasciava spazio a nessuna difesa possibile, né nel processo né nel Paese. La scelta dell'esilio nacque anche da questa valutazione».

Lei serba ancora rancore per il pool?

«Servirebbe? E poi non coltivo il rancore. Coltivo la memoria. Inoltre, alcuni di loro, sono stati lo strumento della falsa rivoluzione e non gli artefici. Con ciò non voglio dire non hanno responsabilità, che possono avere la coscienza a posto. Anzi. Giudico la loro azione inemendabile».

E per i politici che non li affrontarono?

«Le furbizie di chi, nel pentapartito e nell'opposizione, pensava che assecondare quella deriva potesse portare benefici si sono rivelate tali. Una volta sprigionati gli animal spirit del giustizialismo questi non potevano essere rimprigionati come nulla fosse».

Cosa si può fare per fermare l'offensiva delle manette?

«Nel disegno di legge Nordio, ci sono misure che possono frenare l'abuso della custodia

cautelare che introduce la possibilità per l'indagato di porre in essere una sorta di difesa preventiva, prima che vengano emesse eventuali misure come la custodia cautelare in carcere. È un primo passo, ma altro bisognerà fare».

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