È un paradosso, per chi porta la mimetica, che tutti gli sparino addosso senza alcuna difficoltà. Invece è quello che succede quotidianamente al generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l'emergenza Covid. Colui il quale ha fatto partire e marciare a passo spedito - se possiamo ancora dirlo senza essere accusati di militarismo - il piano vaccinale. Quello, appunto, che va fieramente in giro con la divisa degli Alpini. Outfit probabilmente intollerabile per i modaioli che usano il termine outfit e quasi blasfemo per quelli che vedono nelle mimetiche, nelle stellette, nei nastrini e nelle mostrine un nemico, invece che una protezione. Così, il generale scelto da Draghi per fronteggiare la pandemia, è finito subito sotto il fuoco dei pretoriani del politicamente corretto e dell'antimilitarismo più talebano. In principio ad attaccarlo (in questo genere di cose ha sicuramente un talento) fu Michela Murgia, terrorizzata davanti all'immagine del generale: «A me sinceramente spaventa avere un commissario che gira con la divisa». Da allora il bombardamento non è mai cessato. Lunedì, di fronte al caos sulla seconda dose dei vaccini, Figliuolo ha rivolto un appello alla nazione: «Questo è il momento di stare uniti, di stringerci a coorte». Una banale citazione dell'Inno di Mameli. Apriti cielo.
Ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo lo storico Tomaso Montanari non ha perso occasione per denunciare «la retorica militarista e patriottarda» di Figliuolo, seguito dagli ospiti in studio (ad eccezione della conduttrice) e dai soliti leoni da tastiera sempre pronti a dispensare cinguettìi al vetriolo. E cosa avrebbe dovuto citare un generale degli alpini, il testo di una canzone rap di Achille Lauro?
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