«Ritirate i bandi o andranno deserti». Le cooperative che operano nel settore dell'accoglienza dei migranti alzano bandiera bianca di fronte al taglio dei costi inaugurato dall'era Salvini al grido di «è finita la pacchia». Non più i famosi 35 euro al giorno ma 18. Ovvero quasi la metà. Una riduzione «inaccettabile». Questa volta per conto dei «piccoli» scendono in campo i colossi che raggruppano le cooperative sociali che gestiscono l'accoglienza nei centri: Legacoop e Confcooperative hanno preso carta e penna e hanno scritto alle prefetture di Padova, Belluno e Verona che in queste settimane hanno pubblicato le gare per aggiudicare i servizi di accoglienza. I costi previsti dal capitolato sono «inaffrontabili - dichiarano - Noi siamo cooperatori sociali, non albergatori, le prefetture devono ritirare queste cifre». Si tratta di 1.400 posti in totale per strutture che non possono accogliere più di 50 persone ciascuna, per scongiurare realtà già viste in Veneto, come quelle di Cona, nell'ex base militare che prima delle svuotamento voluto dal ministro Salvini era arrivata a ospitare oltre mille stranieri creando di fatto in ghetto. Le due associazioni hanno incontrato gli iscritti, alcuni dei quali avrebbero riferito loro di non voler partecipare alle gare a queste condizioni: «Noi abbiamo detto a tutti di agire in autonomia anche se sconsigliamo la partecipazione a bandi di questo tipo che azzerano totalmente la nostra vocazione», denuncia Roberto Baldo presidente di Federsolidarietà di Confcooperative. Non solo. L'allarme è soprattutto sui posti di lavoro: «Basi d'asta come queste non solo ci impediscono di fare una integrazione come si deve ma ci portano a fare considerazioni anche sulle nostre capacità: le cooperative sociali occupano circa 700 persone, se accettiamo di lavorare con queste cifre saremo costretti a perdere 300-400 posti di lavoro», aggiunge Loris Cervato di Legacoop. «A queste condizioni non possiamo offrire alcun servizio, si snatura completamente la nostra missione che è quella di insegnare l'italiano agli stranieri, di creare rapporti di lavoro duraturi e stabili, di inserire i migranti e integrarli sul territorio», precisano ancora da Confcooperative. Si tratta di «persone con elevate competenze, speriamo che non debbano rimanere senza lavoro». Insomma, la richiesta è di fare un passo indietro sulle cifre, altrimenti i bandi, fanno intendere, potrebbero andare deserti. Passo indietro che difficilmente arriverà visto che gli stanziamenti sono stati ridotti per volontà del Viminale.
Prima della scure i 35 euro venivano spesi suddividendoli così: 9,3 euro per i pasti, 3,8 euro per i beni personali, 2,5 euro per il pocket money, 2,1 euro per le spese sanitarie, 2,8 per le spese di integrazione come incorsi di lingua, 5,1 euro per affitto e il mantenimento delle strutture di accoglienza, comprese le spese per le bollette. Infine c'erano i 9,4 euro per il personale, dagli operatori sociali agli addetti alle pulizie. Ora i conti potrebbero non tornare.
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