"Copione degenerato. Parlare in inglese l'errore di Zelensky"

La scrittrice Elena Kostioukovitch: uno show, ma toni inaspriti fino all'eccesso

"Copione degenerato. Parlare in inglese l'errore di Zelensky"
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«È stata un'esperienza emotiva fortissima, quasi fisica. E non ha colpito solo me, molte delle persone che ho sentito piangevano». Elena Kostioukovitch, ha la voce ancora incrinata mentre commenta il disastroso incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump. Nata a Kiev in una famiglia russa e russofona, ha studiato italianistica a Mosca e alla fine degli anni Ottanta è venuta a vivere in Italia. È stata, tra le altre cose, la traduttrice in russo dei libri di Umberto Eco. Pochi giorni fa la Nave di Teseo ha pubblicato la sua ultima fatica, «Kyiv. Una fortezza sopra l'abisso». Nel libro, splendido, il racconto della città diventa la chiave per interpretare la storia intrecciata di Russia e Ucraina. «La sintesi di quello che abbiamo provato si è vista sulla faccia disperata di Oksana Markarova, l'ambasciatrice ucraina a Washington. E per Zelensky tutti noi abbiamo provato gli stessi sentimenti che si provano per una persona che si trova in difficoltà. Anche se con questo non voglio dire che sia stato solo una vittima».

Che cosa intende?

«La sintesi più efficace l'ha fatta Donald Trump alla fine del colloquio, quando ha detto di fronte a tutti che era stato un grande momento di tv. È così, è stato uno show, ognuna delle due parti si era preparata una parte, per far passare la propria posizione. Gli americani volevano presentare l'interlocutore come una persona inaffidabile, un ostacolo alla pace. Gli ucraini che non si può mantenere il Paese esposto a una minaccia continua. Per qualche motivo il copione è degenerato, ognuno ha inasprito i toni fino all'eccesso».

E Zelensky che errori ha fatto?

«Per esempio si è ostinato a parlare inglese. Non era obbligato, lo ha imparato negli anni di guerra. Lo ha usato in passato con efficacia ma sempre di fronte ad auditori benevoli. Questo caso era diverso. Servirsi di un interprete lo avrebbe aiutato ad alleggerire i toni, a usare sfumature, a prendere tempo. Si è messo in una posizione di inferiorità, vestito da militare di fronte a interlocutori molto più alti, meglio vestiti, che dominavano la scena».

E gli americani?

«Trump si è tradito quando ha parlato di carte e di una partita in corso. Zelensky ha avuto buon gioco a dire che non era li per giocare. E tutti noi capiamo cosa vuol dire quando si parla di trincee, di sofferenza, di tante persone che muoiono ogni giorno. E pensare che un'intesa sulle famose terre rare sembrava esserci».

Cioè?

«Purtroppo in Ucraina abbiamo a che fare con due grandi potenze: una, la Russia, vuole il nostro suolo; l'altra, l'America, quello che c'è sotto. A quel che pare la soluzione trovata era una specie di joint venture a cui avrebbe partecipato anche Kiev. Il problema del cessate il fuoco e di una possibile pace sarebbe stato rimandato a una seconda fase, perchè in realtà siamo ancora ai preliminari»

E adesso che futuro immagina per il suo Paese?

«Immagino un futuro simile a quello di Israele, in cui saremo sottoposti a un pericolo continuo, quello di un altro attacco russo. Ci saranno fasi in cui il pericolo è maggiore, altre più tranquille. Il fatto è che la Russia non riesce a vedersi senza di noi. Ci considera parte della sue identità»

E Zelensky?

«Il futuro lo

vedo senza Zelensky. È successo anche a Churchill, la guerra non era ancora finita e lui perse le elezioni. Noi non siamo russi che si inchinano sempre e comunque all'autorità. Noi siamo individualisti e col mugugno facile»

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