Coppia di mamme gay col permesso dei giudici

Il Tribunale dei Minori consente a una donna di adottare la figlia della sua convivente

La giurisprudenza supera la legge. Mentre in Parlamento è in discussione la norma che regola le unioni civili e le adozioni per le coppie omosessuali, il Tribunale per i minorenni di Roma va oltre e senza aspettare i tempi della politica, permette a una donna di adottare la figlia della convivente. La decisione fa storcere il naso ai benpensanti, ma non crea imbarazzo a Palazzo di Giustizia. È la seconda volta, infatti, che i giudici capitolini si muovono in questa direzione. Già il 29 agosto 2014, infatti, con un dispositivo destinato a far giurisprudenza avevano avallato la «stepchild adoption» tra persone dello stesso sesso.

Come ha rivelato in anteprima il Tg La7, di nuovo la decisione, spiegata in una decina di pagine, è stata presa dal Tribunale per tutelare il maggiore interesse della bambina, in età scolare, che ora potrà aggiungere al suo cognome anche quello della nuova genitrice. Le due donne, entrambe italiane, sono in età fertile, appartengono al ceto medio e hanno un legame molto forte. Altrettanto consolidato è quello tra la minore e la compagna della mamma, che qualche anni fa l'ha avuta grazie al seme di un donatore e dopo essersi sottoposta a un trattamento di procreazione assistita.

I giudici, anche questa colta, hanno pensato alla bambina. Proprio come avvenne 15 mesi fa, quando uscì la sentenza che ha fatto da apripista. Anche allora il concepimento era avvenuto grazie a un trattamento di preazione assistita portato avanti in Spagna. La coppia, convivente da 10 anni e sposata sempre in Spagna, era anche iscritta nel registro delle unioni civili di Roma e aveva di comune accordo stabilito chi dovesse diventare la madre «naturale», sulla base di un criterio anagrafico. I legali delle due omosessuali avevano puntato sul fatto che non si trattava di concedere un diritto ex novo, ma di dare copertura guridica a una situazione di fatto consolidata. Il provvedimento del Tribunale diceva che il superiore interesse della ragazzina andava completato con l'estensione del rapporto affettivo alla compagna della mamma, e che negandolo la donna sarebbe stata discriminata. La bambina non avrebbe avuto, in quel caso, i diritti e i vantaggi che derivano da questo rapporto e per lei era normale considerare le due donne come genitori. Così lei poteva, anche formalmente, mantenere con l'altro adulto, in questo caso il genitore sociale, il rapporto di convivenza e di affetto che si era consolidato nel tempo. E questo indipendentemente dall'orientamento sessuale dei due «genitori».

Ma il procuratore capo De Angelis, che ha impugnato la sentenza, non è d'accordo e ripete che l'attuale ordinamento non prevede la stepchild adoption. E dando il suo parere contrario ha scritto che l'adozione presuppone uno stato di abbandono, mentre la ragazzina in questione non solo non è mai stata abbandonata, ma è amata sia dalla mamma che dalla sua compagna, una sorta di zia, e che tale deve e può rimanere.

Il pm aggiunge che trasformare quest'ultima in una madre vuol dire dare un'interpretazione estensiva della norma che conosciamo ovvero che si può adottare il figlio del coniuge. Chi la spunterà? L'udienza nella sezione minori della Corte d'Appello si è tenuta solo due giorni fa e ora bisognerà attenderne altri trenta per sapere cosa decideranno i giudici.

La loro scelta condizionerà inevitabilmente il destino di altre coppie omosessuali dato che dall'agosto 2014 a oggi sono fioccate sul Tribunale di Roma decine di richieste di questo tipo, anche da parte di coppie di uomini.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica