Ci risiamo: passata l'estate, Giuseppe Conte torna nelle nostre televisioni con le classiche passerelle a cui ci aveva abituati già nella scorsa primavera. Se nelle prime conferenze stampa di marzo il premier aveva parlato agli italiani per illustrare le misure di contenimento del Coronavirus, in quelle successive non ha perso l'occasione per apparire in tv. E spesso parlando in maniera confusa. E quasi sempre lasciando il nostro Paese con infiniti dubbi. È accaduto anche ieri sera: dalle prime notizie fornite da fonti di governo il presidente del Consiglio avrebbe dovuto tenere il suo "comizio" alle 18, ma si è presentato a reti unificate dopo le 21:30. La spiegazione del nuovo Dpcm ha ovviamente provocato i soliti punti interrogativi. Effettivamente sono molti i punti che i cittadini non riescono a spiegarsi. Tutto ciò è il frutto di un lavoro egoistisco, svolto senza alcuna collaborazione con le opposizioni. Ma l'avvocato ieri ha avuto pure la faccia tosta di dichiarare di aver avvertito i leader del centrodestra sull'imminente firma del decreto. Peccato sia stato smascherato dalla coalizione dopo pochi secondi: "Dopo mesi che facciamo proposte su lavoro, scuola, cassa integrazione e sanità, inascoltati, una telefonata di 60 secondi stasera alle 21:31, prima di andare in diretta tv. Non è questo il concetto di collaborazione".
Coprifuoco: l'ira dei sindaci
Alla fine il coprifuoco non ci sarà. Anzi, potrebbe esserci, ma in tal caso la responsabilità sarà tutta dei sindaci. Infatti nel testo si legge che i primi cittadini potranno disporre la chiusura al pubblico, dopo le ore 21, di vie o piazze nei centri urbani. Una sorta di zone rosse "dove si possono creare situazioni di assembramento, fatta salva la possibilità di accesso e deflusso agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private". L'ira dell'Associazione nazionale comuni italiani non si è fatta attendere. Il presidente Antonio Decaro ha espresso tutta la propria rabbia e lo sconcerto provato per questo scaricabarile: "Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce in un Dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell'opinione pubblica. Questo non lo accettiamo".
I sindaci dovranno disporre chiusure e restrizioni Covid? Mancano dati, informazioni, forze ordine e strumenti adeguati alla richiesta.. Attendiamo di leggere dpcm
— Virginia Raggi (@virginiaraggi) October 18, 2020
Il premier è riuscito nell'impresa di farsi criticare pure dai sindaci vicini all'esecutivo giallorosso. A fare polemica è stata addirittura Virginia Raggi, che sui propri profili social non si è tirata indietro: "I sindaci dovranno disporre chiusure e restrizioni Covid? Mancano dati, informazioni, forze ordine e strumenti adeguati alla richiesta". Anche Giorgio Gori sostiene che la norma andrebbe modificata o tolta: "Oltre che costituire un evidente scarico di responsabilità sui Comuni, è inattuabile con le sole (scarse) forze di polizia locale".
Quel limite ai matrimoni
Fortunatamente il tanto temuto pugno duro su attività commerciali in genere, bar e ristoranti non è arrivata: l'asticella si è fermata alle ore 24 ed è stato specificato che la successiva apertura non potrà avvenire prima delle ore 5 del mattino. È stato inoltre confermato il limite massimo di 6 posti per tavolo al ristorante. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: allora perché solamente 30 persone possono prendere parte ai ricevimenti dopo le cerimonie? Gli invitati a comunioni, cresime e matrimoni sono così fortemente ridotti. A rimetterci è l'intero settore che dovrà fare i conti nuovamente con l'ennesima stangata.
Sul web infatti gli utenti si interrogano sull'esistenza di una spiegazione logica. Ricapitolando: massimo 6 persone a ogni tavolo del ristorante, massimo 30 invitati ai festeggiamenti del matrimonio e dentro casa massimo in 6. Negli autobus e alle fermate gli assembramenti però non sono pericolosi? "Vi vedo parlare di logica, mi spiegate la logica dei numeri? Mi sfugge la logica in certi passaggi".
Lo scontro sulle scuole
L'attività didattica ed educativa per il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi per l'infanzia continua a svolgersi in presenza. Invece le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado dovranno adottare forme flessibili nell'organizzazione delle lezioni, incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, "che rimane complementare alla didattica in presenza", modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, "anche attraverso l'eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l'ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9". Dal Ministero dell'Istruzione fanno sapere che le misure non entreranno in vigore da oggi, ma tra qualche giorno, al fine di "garantire una migliore organizzazione". Nelle prossime ore sono attese indicazioni più specifiche alle scuole e alle famiglie.
Toni polemici giungono da Giovanni Toti, che sottolinea come il ministro Azzolina ancora una volta abbia lasciato dubbiosi: "Le avevamo chiesto una norma chiara per tutto il Paese". La proposta era quella della didattica a distanza a rotazione per gli ultimi due anni delle superiori, in modo da aiutare "a disingolfare i trasporti pubblici, salvando però la socialità dei più grandi e venendo incontro ai genitori che possono lasciare a casa da soli ragazzi di 17-19 anni". Il governatore della Liguria, intervistato dal Corriere della Sera, ha ribadito che sarebbe stata una soluzione d'intesa efficace: "Ancora una volta si è trincerata dietro all'autonomia scolastica lasciando tutto in mano ai dirigenti scolastici. Ma siamo in emergenza, c'è un'epidemia, in altri casi l'autonomia è saltata per una soluzione nazionale. Per la scuola non sarà così".
Il caos sulle palestre
Sulle palestre e sulle piscine è stata palese la decisione di non decidere. Il presidente del Consiglio ha lanciato un ultimatum: "Abbiamo notizie varie e contrastanti. Molto spesso i protocolli sono rispettati, altre volte no. Daremo una settimana per adeguare i protocolli e verificarne il rispetto. Se avverrà non ci sarà ragione di chiudere le palestre, altrimenti la settimana prossima saremo costretti a sospendere anche le palestre e le piscine". Come se le palestre fossero l'unico posto in cui le regole non sempre vengono rispettate. Invece in tutti i bar, ristoranti, scuole e centri commerciali d'Italia i protocolli si seguono minuziosamente ogni singolo secondo?
Palestre e piscine sono in nomination.
— Diego Peraino (@PerainoDiego) October 19, 2020
Dichiaro aperto il televoto.#GrandeFratelloVip #Casalino #grandefratello #piscine #palestre #dpcm
Conte avrebbe fatto meglio ad ammettere che tra le forze di maggioranza non è stata trovata ancora una sintesi comune: l'eventuale stretta vede la contrarietà del ministro Vincenzo Spadafora e di Italia Viva, ma anche parte del Movimento 5 Stelle non è del tutto convinto. Negli ultimi mesi il settore ha dovuto affrontare ingenti spese per adeguare i propri spazi ai protocolli di sicurezza, "e nessuna evidenza scientifica denuncia focolai in relazione all'allenamento individuale nei luoghi controllati", avevano sottolineato fonti del Ministero dello Sport.
Nessuna parola sui trasporti
Sui trasporti? Nulla di nuovo. Come se si volesse continuare a far finta di nulla. Resta il tetto dell'80%. Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, si era limitata a dire: "Da parte nostra c'è massima disponibilità. Ci sono già 1.628 bus turistici in circolazione e siamo disponibili a potenziare il sistema del trasporto pubblico locale". Attivare corse supplementari? Sperimentare nuove formule di mobilità e prevedere incentivi ai trasporti privati? Stanziare fondi per acquistare nuovi treni e autobus? Nessuna parola di Conte su questo tema cruciale.
#Dpcm nuove regole eventualmente da modificare in corso d'opera che dubito potranno veramente servire e intanto per quanto riguarda i mezzi pubblici e i trasporti in genere non una parola.
— Alma (@MissisJekyll) October 19, 2020
Il trasporto privato è bloccato perché prevalentemente legato all'attività turistica. "Anziché promuovere la collaborazione pubblico-privato, per alleggerire il trasporto pubblico, facendo lavorare il settore, il governo preferisce intervenire con cassa integrazione e bonus", tuonano Roberta Toffanin e Alessandra Gallone.
Le senatrici di Forza Italia sottolineano che sarebbe opportuno preferire interventi dello Stato che supportino le imprese per far lavorare le proprie attività facendo girare l'economia: "Non c'è più tempo. Ma anche se è tardi basta annunci, ora ci aspettiamo azioni concrete".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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