Il Tribunale del Riesame ha annullato la richiesta di arresto per i parlamentari di Forza Italia Luigi Cesaro e Antonio Pentangelo.
La decisione è arrivata ai sensi della cosiddetta "sentenza Cavallo": in pratica, le intercettazioni autorizzate per provare alcuni reati non possono essere utilizzate in un differente procedimento penale. Nel caso dei due esponenti azzurri, infatti, tali intercettazioni che avevano portato alla misura cautelare erano antecedenti alle ipotesi di reato contestate dalla Procura. La misura cautelare in carcere con il beneficio dei domiciliari era stata richiesta dalla Procura di Torre Annunziata nell'ambito dell'inchiesta sulla riqualificazione dell'area ex Cirio di Castellammare di Stabia. Secondo gli investigatori, i due parlamentari sarebbero stati corrotti dall'imprenditore stabiese Greco per ottenere delle autorizzazioni. Sulla richiesta di arresto dei due esponenti azzurri si sarebbero dovute esprimere le rispettive Camere di appartenenza (il Senato per Cesaro e la Camera dei Deputati per Pentangelo, ndr) ma con l'annullamento non sarà più necessaria la decisione.
Le motivazioni specifiche dell’annullamento delal richiesta di arresto per i parlamentari non sono state ancora rese note ma gli avvocati Giovan Battista Vignola e Giuseppe De Angelis, difensori di Cesaro, e Antonio Cesarano, legale di Pentangelo, hanno puntato sulla violazione "di legge in ordine alla corretta applicazione delle norme che regolano le intercettazioni telefoniche". Si tratta della cosiddetta sentenza Cavallo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che in passato ha riguardato il tema delle "intercettazioni a strascico", il principio giuridico secondo il quale se nel corso di intercettazioni telefoniche autorizzate per una ipotesi di reato specifica emergono altre ipotesi di reato, allora è necessario chiedere nuovi decreti autorizzativi al gip, così da procedere separatamente per i due reati. Circostanza questa che, secondo quanto emerso nel corso della discussione davanti ai giudice della Libertà, non si è verificata.
Cesaro si era sempre detto fiducioso nell'operato della magistratura e si era augurato di avere "in tempi stretti la possibilità di chiarire la totale estraneità alle vicende e ai fatti contestati". Pentangelo, invece, si era detto "esterrefatto nell'apprende la notizia di un mio paventato coinvolgimento in ipotesi di reato per una vicenda della quale viene fornita, per la mia posizione, una ricostruzione totalmente distante dalla realtà" e aveva annunciato che non avrebbe partecipato ai lavori di commissione "in attesa di chiarire la mia posizione prima possibile".
"L’ordinanza impugnata dal senatore Cesaro ed ora annullata dal Tribunale del Riesame si sostanzia nel fatto che nei confronti del nostro assistito non doveva essere e non poteva essere né richiesta né emessa la misura cautelare", hanno affermato gli avvocati Giovan Battista Vignola e Giuseppe De Angelis, difensori del senatore Cesaro.
I legali hanno aggiunto che si è confermata "ancora una volta che la condotta del senatore Cesaro è sempre stata ispirata alla correttezza e alla trasparenza, dimostrando puntualmente in tutte le sedi la sua totale estraneità alle diverse vicende contestategli".
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