La Corsica sogna l'autonomia (senza gli errori di Barcellona)

L'isola vuole ottenere da Parigi uno statuto speciale in 3 anni. "Nessuno strappo, rispettiamo le regole"

Faro della Madonetta - Bonifacio, Corsica (Francia)
Faro della Madonetta - Bonifacio, Corsica (Francia)

L' ìobiettivo è strappare a Parigi «uno statuto autonomo entro i prossimi tre anni». «Per poterlo mettere in pratica in dieci» e poi lasciare l'ultima parola ai cittadini, che a quel punto decideranno «se conviene andare ancora più avanti nel processo della devolution». Il programma di autonomisti e indipendentisti è chiaro, come è chiaro che la Corsica non è la Catalogna e vuole imparare dai recenti errori di Barcellona. Dopo una storia di lotta armata e sangue alle spalle, qui si marcia piano ma si spera di andare lontano. Nel frattempo, si combatte per guadagnare sempre più autonomia, con l'obiettivo di cambiare la Costituzione di Francia. Il punto di partenza sono le elezioni territoriali di oggi e del 10 dicembre: 63 consiglieri che comporranno l'Assemblea di Corsica, l'organismo che poi eleggerà l'esecutivo dell'isola da 320mila abitanti.

È a partire da questo appuntamento che si capirà davvero se gli autonomisti di «Femu à Corsica» (Facciamo la Corsica), guidati da Gilles Simeoni, presidente/premier del Consiglio esecutivo che governa la Corsica ex ed sindaco di Bastia, riusciranno a raggiungere il proprio obiettivo insieme con gli indipendentisti di «Corsica Libera», guidati da Gilles Jean-Guy Talamoni, presidente dell'Assemblea. Entrambi uniti per l'occasione in una lista comune - «Pè a Corsica» - e un programma di dieci punti. Qual è lo scopo finale? «Costruire un Paese», è il loro motto. Che vuol dire cominciare strappando la maggioranza all'interno del nuovo organismo che nascerà il primo gennaio 2018. Una prima assoluta. Perché la Collectivité de Corse fonderà i due consigli dipartimentali e la Ctc, il Consiglio esecutivo della Corsica, finora il vero governo regionale dell'isola.

«Un'autonomia di pieno diritto e pieno esercizio - è quello che vogliono -. Potere legislativo, regolamentare e fiscale». Sull'indipendenza, i corsi potranno decidere più tardi. Anche perché i due alleati di coalizione, Simeoni e Talamoni, sulla questione hanno idee diverse. Simeoni è un autonomista mentre Talamoni è un indipendentista. La recente esperienza catalana non è stata un esempio del tutto positivo. Non a caso gli avversari stigmatizzano: «Non possiamo continuare a far pensare che solo la voce dell'autodeterminazione, dell'indipendenza sia una voce salutare», dice Jean-Martin Mondoloni, capolista di una delle due liste della destra. «I nazionalisti non hanno rivoluzionato il sistema e nemmeno possono, perché sono tenuti a seguire il diritto», spiega Thierry Dominici, ricercatore di Scienze politiche all'Università di Bordeaux ed esperto della questione còrsa. Intanto, però, sull'isola, un terzo delle scuole primarie prevede ormai l'insegnamento bilingue, in francese e còrso, mentre l'Assemblea dell'isola ha riconosciuto pubblicamente la legittimità del governo della Catalogna. Talamoni, il presidente dell'Assemblea uscito dalla clandestinità dei tempi del Flnc (il Fronte di liberazione nationale corse), quando era l'avvocato di molti combattenti armati, non ha dubbi: questi 2 anni di governo «hanno rassicurato quelli che non avevano votato per noi». E il partito del presidente Macron? Finora, sull'isola ha fatto male sia alle presidenziali che alle legislative. Ora si è affidato al sindaco di Bonifacio, Jean-Charles Orsucci. Dopo il voto, gli uomini del presidente potrebbero allearsi con la destra per impedire agli autonomisti di ottenere la maggioranza. Lui intanto, nei giorni scorsi, sembra aver aperto a possibili modifiche dell'art. 72 della Costituzione: «I territori non sono immersi nella stessa situazione.

Abbiamo bisogno di adattare le norme per rispondere alle sfide dei territori», ha detto il capo dello Stato al Congresso dei sindaci. Ma gli autonomisti còrsi sembrano decisi a strappare già al primo turno ampi consensi. «Qui siamo in marcia da molto tempo. E senza Macron».

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