Così centrodestra e M5s si contendono il governo

Di Maio sogna il primato e già pretende l'incarico. Ma i numeri dicono altro: c'è incertezza su 100 collegi

Così centrodestra e M5s si contendono il governo

Operazione Primo Partito. Sia il Partito Democratico che il Movimento 5 Stelle - entrambi nettamente indietro nei sondaggi tanto in termini di percentuali quanto di numero degli eletti rispetto alla coalizione di centrodestra - tentano di riscrivere preventivamente le regole della competizione e far passare il messaggio che il vero traguardo sia strappare la palma del primo partito. Un ribaltamento decisamente surreale delle regole di base della competizione. Un gioco di specchi basato non sulla sostanza ma sulla percezione del successo, un po' come se il campionato di calcio venisse vinto non dalla squadra che fa più punti, ma da quella che ha il migliore attacco o il festival di Sanremo assegnato a chi ottiene il Premio della Critica.

Luigi Di Maio, per dare un po' di sostanza a questa acrobazia logica e istituzionale, arriva addirittura a correggere la tradizionale linea della solitudine grillina e apre a possibili «alleanze a contratto». L'aspirazione è quella di poter attirare i voti in Parlamento di Liberi e Uguali e magari - in un colmo di trasversalità - perfino quelli della Lega di Matteo Salvini verso cui in questi mesi è stato rivolto ogni tipo di epiteto. Una sorta di coalizione Helzapoppin che avrebbe come unico collante le poltrone di governo e di certo non farebbe la felicità dei mercati internazionali.

L'ambizione del giovane candidato premier è quella di forzare la mano al capo dello Stato ed essere riconosciuto come «incaricabile». In sostanza entrare nel novero di coloro a cui Sergio Mattarella potrebbe affidare un mandato esplorativo per verificare l'esistenza di una maggioranza parlamentare che lo sostenga.

«Noi ce la sentiamo di ambire al 40% per governare questo Paese», dice Di Maio. Qualora M5s non raggiungesse questa soglia ma fosse il primo partito, «il giorno dopo chiederemo l'incarico di governo, presenteremo un programma alle Camere e chiederemo la fiducia sui temi alle altre forze politiche». Un'operazione di auto-accreditamento culminata nei giorni scorsi nel tentativo di presentare al Quirinale una sorta di futuribile lista dei ministri.

Il paradosso, però, è che in base ad alcuni sondaggi che circolano in queste ore nelle segrete stanze di Palazzo e nelle sale operative dei partiti il Movimento 5 Stelle non ha neppure la certezza di essere il primo partito in termini di numero di eletti.

Le stesse simulazioni riservate che girano in queste ore mettono in dubbio questa circostanza, data da tempo come assodata. M5s allo stato attuale avrebbe la ragionevole sicurezza di essere il primo partito per numero di eletti alla Camera, mentre al Senato inaspettatamente e piuttosto clamorosamente potrebbe essere Forza Italia a primeggiare. Peraltro a Montecitorio il vantaggio verrebbe fortemente eroso dalle espulsioni annunciate dei «fuori-regola». Certo Alessandro Di Battista, parlando con Lucia Annunziata afferma di contare sulla disciplina degli espulsi nel voto parlamentare. Una presa di posizione che toglie sostanza alla messa al bando dal movimento di coloro che non hanno rispettato la regola della parziale restituzione della loro indennità.

La chiave di questo possibile e clamoroso ribaltone sta tutta nei collegi in bilico soprattutto del Meridione, in particolare della Campania e della Calabria. M5s non sfonda nel Centro-Nord dove risulta spesso essere in terza posizione dietro il centrodestra e il Partito Democratico, mentre è avanti in Sardegna e nelle regioni del Sud (esclusa la Sicilia dove il centrodestra è in testa) e sembra potersi aggiudicare l'Abruzzo. I collegi incerti sono circa 70 alla Camera e 35 al Senato. In questi collegi la maggior parte delle proiezioni non individuano un vincitore per più di 5 punti percentuali. Sarà qui che si giocherà la velleitaria partita del primo partito.

Ma soprattutto sarà qui che si deciderà il vero match: quello che potrebbe consentire al centrodestra non solo di vincere con un ampio margine, ma di strappare una maggioranza autonoma nei due rami del Parlamento. E nel gioco simulato delle maggioranze c'è spazio anche per un fantasioso endorsement al «governo Salvini» da parte di Casapound.

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