"Così consegnarono Berlusconi alla folla"

L'azzurro era con l'allora premier quando si dimise: "Dentro il Quirinale festeggiavano..."

"Così consegnarono Berlusconi alla folla"

Onorevole Sestino Giacomoni, lei il 12 novembre di 10 anni fa accompagnò Silvio Berlusconi al Quirinale per le dimissioni.

«Ho vissuto una delle situazioni più surreali della mia vita, è un ricordo indelebile. Ero consigliere a Palazzo Chigi del presidente e suo assistente da circa sette anni. Ricordo perfettamente che approvammo la legge di Bilancio alla Camera, dopo di che il presidente si recò al Quirinale per rassegnare le dimissioni».

In piazza lei ebbe l'impressione di una scenografia creata ad hoc. Per quale motivo?

«Ero in auto con lui e mentre andavamo il Presidente disse alla scorta passiamo dall'ingresso laterale. Qualcuno dal Quirinale rispose: No, è una visita ufficiale, si deve passare dall'ingresso centrale. E lì, in una piazza solitamente blindata, quel giorno venne consentito di tutto, finanche il concerto improvvisato di un'orchestrina che intonava Bella ciao. Di certo c'è stata una regia. In molti avevano l'interesse che Berlusconi andasse a casa. Interessi personali, forse di partito, internazionali, non di certo del Paese. Davanti al Quirinale e forse anche dentro, festeggiavano l'uscita di scena dell'ultimo presidente del Consiglio indicato con il voto dal popolo italiano».

Aveste l'impressione che si volesse facilitare una forzatura politico-istituzionale?

«Ne avemmo la certezza, perché tornati con il presidente a Palazzo Grazioli, fummo costretti a rimanere, fino alle quattro di mattina, chiusi dentro il palazzo. Eravamo circondati da migliaia di persone che qualcuno aveva sapientemente incanalato in quelle vie del centro per far credere che il popolo volesse le sue dimissioni. In realtà si trattava solo di una minoranza rumorosa. La maggioranza silenziosa degli italiani, infatti, si era espressa chiaramente con il voto a favore del centrodestra e del presidente Berlusconi. Il clima era surriscaldato e a renderlo tale è stata soprattutto una precisa strategia mediatico-politica che ha voluto scaricare su Berlusconi tutti i mali del Paese, forse per lavarsi la coscienza».

Perché venne impedito l'accesso da un ingresso laterale? E che idea si è fatto della condotta di Napolitano?

«Su Napolitano preferisco non esprimermi, sarà la storia a giudicarlo. Il presidente della Repubblica è un arbitro. Per il resto è chiaro, volevano che passasse dall'ingresso centrale perché è lì che la sinistra aveva organizzato i cori dei suoi ultras, con tanto di orchestra!».

Ricorda qualcosa che Berlusconi le disse quel giorno?

«Il presidente, consapevole del complotto ordito contro il nostro governo, non voleva mollare, ma ci disse che si dimetteva per amore del Paese. Sapeva che se a quella forzatura avesse resistito, le conseguenze per il Paese sarebbero state peggiori. Da giorni, infatti, l'Italia era sotto attacco a colpi di spread.

Pensa che a febbraio possano esserci le condizioni per far tornare Berlusconi a varcare le porte del Quirinale?

«È il mio sogno, anche perché, dopo dieci anni e 5 presidenti del consiglio non indicati dal voto popolare, Berlusconi è ancora qua, come direbbe Vasco Rossi...Mi auguro che a febbraio Berlusconi possa salire al Quirinale.

Sarebbe il coronamento di un impegno politico-istituzionale che un uomo della caratura di Silvio Berlusconi meriterebbe e l'unico modo per sanare una ferita profonda inflitta non solo a lui, ma alla storia del nostro Paese».

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