Il Governo? «Un solo disegno lo anima: distruggere le piccole e medie imprese. Disprezza il meglio dell'Italia». Decreto Rilancio? «Scritto da chi non ha mai lavorato. Cosa vuole che rilancino. Mangiano solo nei ristoranti chic. Non sono mai entrati in una mensa». Il pericolo? «Uno stato sovietico e neostatalista come piace a Romano Prodi». Il Giornale chiacchiera a ruota libera con Giulio Sapelli, professore di storia economica all'università di Milano, irregolare, originale, indomabile: «Vengo dal basso. Ho visto molto mondo».
E però, non avrà ancora visto il decreto rilancio che definiscono «brogliaccio» e che sempre deriva dalla parola «broglio». 776 pagine e sono già il nostro labirinto. Soffocare per ripartire?
«È la conferma che siamo di fronte a uomini che non si sono mai misurati con il lavoro. Il loro passato racconta il loro presente. Il mondo del lavoro, l'impresa, rimane qualcosa di oscuro che non padroneggiano. Si consegnano così all'apparato burocratico che produce altre meta regole».
Ci governano nuovamente i tecnici?
«In Italia anche la tecnocrazia è decadente. Basta guardare l'esperienza Monti. Ci governano purtroppo uomini che detestano tutto ciò che è piccolo e che sognano di statalizzare ogni cosa. Parlano di Stato imprenditore che significa uno stato neostatalista e sovietico».
Il Dl aprile è diventato maggio e arriva a giugno. Hanno bisogno di un calendario?
«La trovo una vergogna. Sono d'accordo con Carlo Calenda quando dice che siamo di fronte a una classe dirigente che non ha nessuna capacità di gestione. Non sanno cosa significa deliberare. Sono etero comandanti».
Non è che ce l'ha anche lei con l'Europa?
«Tutt'altro. Ma vedo compagnie di ventura aggirarsi e portare via i grandi asset italiani. Rischiamo di perdere imprese strategiche. Si sta tornando al Seicento. La finanza in mano francese, il Nord-Est nelle mani tedesche e i porti alla Cina. È uno scenario pericoloso».
Lo scenario è di perdere le piccole aziende oltre le grandi. Perché parla di disprezzo verso di loro?
«È qualcosa che fa parte del pensiero di sinistra. Romano Prodi, nei suoi editoriali, scrive che lo Stato deve essere imprenditore e che piccolo non è bello. Le disprezzano perché è quell'Italia che non li vota. Negli anni 70, ancora Prodi, profetizzava la scomparsa del distretto delle piastrelle. Oggi è un'eccellenza».
Non siamo il paese del borghese piccolo, piccolo?
«Non solo lo siamo. Le uniche novità vengono da quelle realtà. Cosa sono stati i distretti, i piccoli laboratori? Stanno perseguendo un piano di distruzione. Lo ripeto. Ci portano alla catastrofe».
Esiste un piano Sapelli?
«Semplice. Bisogna dare risorse alle aziende in conto capitale. Ma questi non sanno neppure cosa significa in conto capitale. Lo spiego. Denaro da girare direttamente alle imprese».
Vuole fare l'americano?
«Quello adottato negli Usa è l'unico modello che può salvare la nostra economia. E poi è necessaria la sospensione di tutte le tasse. Non si possono chiedere a questi piccoli capitani coraggiosi di pagarle. Ci vuole uno stop per stimolare la ripartenza».
Serve un altro premier al posto di Giuseppe Conte?
«Conte è una creatura dei gesuiti e del Vaticano. Sono figure che la storia prima o poi espelle».
Dicono che abbia un consenso straordinario.
«Fanno credere che lo abbia. Nessuno parla invece della scelta di spostare l'asse delle alleanze internazionali. L'avvicinamento alla Cina è stato sottovalutato ma ha conseguenze dirompenti. Io credo nell'Europa, ma perdendo l'Italia non può esserci Europa».
Che Italia ci sarà?
«L'Italia che si tira su
i pantaloni da sola. Questi piccoli imprenditori ce la faranno. Tanto più gli sarà lasciata la possibilità di fare e tanto più avranno successo. C'è una sola legge che andrebbe fatta per aiutarli. Non fare nessuna legge».
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