La cessazione dello stop ai pignoramenti esattoriali il 15 ottobre e quindi la ripresa della mannaia fiscale è un non senso giuridico e un colossale errore tributario e di politica fiscale. La cessazione dello stop era collegata alla cessazione dello stato di emergenza da coronavirus. Ma il governo ha ora prorogato questa emergenza sino a tutto il gennaio 2021 e ciò logicamente comporta che lo stop dei pignoramenti continui sino a tale data. Al non senso giuridico si aggiunge un colossale errore di politica tributaria. Se il fisco azzanna i contribuenti insolventi, aggiunge nuovi danni al sistema economico, che nel 2020 registra una caduta del pil del 9% e l'anno prossimo avrò solo una mezza ripresa, ossia sarà sotto il livello del 2019 del 4,5%. La regola aurea di un fisco cattivo ma intelligente è di tosare la pecora senza spellarla. Se il fisco non tiene conto di ciò distrugge il vello delle pecore. A ciò si aggiunge l'errore ancora più grosso di politica fiscale. Le mannaie del fisco si traducono, inevitabilmente, in insolvenze bancarie per una larga parte di debitori. Ciò si traduce in aumento dei crediti deteriorati delle banche, che già sono in crescita. E ciò genera una situazione molto pericolosa, in particolare per le banche che operano sul territorio regionale, nel finanziamento delle piccole e medie aziende. Poiché molte nostre banche hanno in portafoglio debito pubblico italiano, i due rischi, dei crediti deteriorati e del debito pubblico si sommano pericolosamente. La manovra da fare, non dico per un fisco buono, termine inadatto a quello attuale del Pd-5Stelle, ma almeno per un fisco intelligente è quello di concedere una tregua fiscale, non come ulteriore proroga, ma sotto forma di condono. Le proroghe infatti non risolvono i problemi, quando la situazione non migliora, ma peggiora, come nel nostro caso, attualmente. In queste condizioni ulteriori dilazioni lasciano il fisco a bocca asciutta mentre la condizione dei debitori si deteriora, perché il fardello dei debiti fiscali arretrati, li ostacola nell'ottenere nuovo credito, per produrre fatturato e risalire la china. Il condono fiscale, motivato dall'emergenza economica, lascia all'agnello un po' di pelo, per proteggersi dalle intemperie e dei rovi, mentre dà un poco di lana al fisco: non molta, ma in periodi come questo, «tutto fa brodo». La tesi per cui il sistema dei condoni induce a commettere nuove evasioni è molto opinabile, se il sistema fiscale è iniquo. Infatti le evasioni sono dipese piuttosto da uno stato di necessità, che da furbizia connessa alla speranza di condoni.
Ma ammesso che la tesi sia esatta in tempi normali, non lo è in tempi emergenziali, quando il fisco deve salvare il contribuente per salvare la finanza pubblica e la finanza bancaria. Il fisco ha bisogno di far sopravvivere il contribuente. Cerchi di usare il cervello.
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