Anche il più severo critico del governo dovrebbe elogiare il Ministro della Difesa sul caso del generale Roberto Vannacci. Guido Crosetto non ha atteso, come avrebbero fatto altri, che la questione si sgonfiasse e, subito dopo l'uscita sui media delle citazioni dal volume del graduato, l'ha subito duramente sconfessato, inviando l'autore alla disciplinare. E alla sua rimozione dalla direzione dell'Istituto geografico militare. Il ministro sa che, sulle forze armate, e con le forze armate, non si scherza. Non si tratta della conduzione di un programma Rai, i soldati difendono la nazione e la Costituzione, su cui hanno giurato, e tutelano nel mondo l'onore dell'Italia. Onore che, secondo il ministro, e anche secondo noi, il generale Vannacci ha pesantemente infangato. Se Crosetto non fosse intervenuto, poi, avrebbe indirettamente legittimato coloro che, dalla posizione opposta, gettano discredito sulle forze armate. Che invece, sono sane: quelle di un paese civile, democratico, liberale, come civili, democratici, liberali, sono la stragrande maggioranza degli ufficiali e dei soldati - il che non si poteva certo dire, ad esempio, di quelli degli anni Sessanta e Settanta. Nel caso del generale Vannacci vi sono due gravi vulnus. Il primo è di carattere formale. Tutti disponiamo della libertà di espressione, garantita dalla Costituzione, ma alcuni, questa libertà, è bene che non l'esercitino appieno: e sono i servitori dello Stato, i magistrati, gli alti funzionari e, appunto, i militari. Essi rappresentano il paese e, nel caso delle forze armate, devono difendere tutti gli italiani: compresi gli lgbt, gli immigrati, gli ebrei, gli ambientalisti, insomma quelle minoranze di cui il generale vaneggia una dittatura. E' la neutralità dello Stato: ma se un funzionario, un militare o un magistrato, intervengono per prendere posizione, la neutralità viene infranta. Tante volte si sono giustamente criticate le uscite dei magistrati, ma questo vale, a maggior ragione, per i militari. Essi possono disporre della piena libertà, come tutti: ma dopo essersi congedati. A quel punto tornano uomini liberi. Vi è poi il secondo vulnus, cioè il contenuto delle dichiarazioni del generale, presenti non in un tweet o in un'intervista ma in un libro di mole imponente: quindi, in teoria, parole meditate. E in plateale contraddizione con i valori della Costituzione, fondati sull'idea di uguaglianza, cioè di diritti uguali per ogni individuo, al di là del colore della pelle, delle scelte sessuali, della fede religiosa. Da qui la tutela delle minoranze, pietra fondante del patto costituzionale; altro che pretendere esista un modo di vita «normale», a cui esse dovrebbero adeguarsi: una visione da società totalitaria e non da civiltà liberale.
In ogni caso, un membro delle forze armate ha giurato sulla Costituzione, e ha giurato di difenderla. E difenderla vuol dire anche proteggerne i principi. Il generale avrà perciò tutto il diritto di esprimere le sue, a nostro avviso, aberranti, «idee»: ma solo dopo che avrà lasciato l'esercito.
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