«La Lega da anni è in prima linea per cambiare l'Europa e avvicinarla ai suoi cittadini. La Conferenza sul futuro dell'Europa rischia di essere solo un esercizio di propaganda, sbagliato nel metodo e nel merito». Marco Campomenosi, capodelegazione della Lega al Parlamento europeo, non usa mezzi termini per bocciare il sistema di consultazione adottato per promuovere una riforma dell'Unione.
Onorevole Campomenosi, cosa non è piaciuto alla Lega di questa procedura di riforma?
«L'impressione che si sia voluto coinvolgere il meno possibile i cittadini, fingendo di averlo fatto con una piattaforma Internet che non conosceva nessuno, dove sono andatal massimo 50mila persone a fronte di mezzo miliardo di europei e dove venivano rilanciate solo alcune idee.
Voi però non l'avete boicottata.
«Abbiamo cercato di collaborare per senso istituzionale attraverso i nostri parlamentari europei e nazionali e anche con un rappresentante delle regioni. Dopo poco però ci siamo resi conto che la conferenza era uno strumento che serviva soprattutto a Macron, che l'ha aperta e chiusa a Strasburgo, a fini elettorali. Evidentemente la bocciatura referendaria della Costituzione europea nel 2005 da parte di francesi e olandesi ha indotto a cercare un'altra via, sicuramente meno democratica».
Cos'è che non vi ha convinto?
«Abbiamo chiesto più volte chiarimenti su costi e modalità di finanziamento e sui criteri di selezione dei cittadini. Risposte esaustive ne abbiamo avute poche. Alcuni cittadini che hanno partecipato a queste pre-riunioni ci hanno avvicinato per esprimere le loro critiche, si sono detti delusi. Hanno avuto l'impressione che la cosa che interessava di più era la creazione del collegio transnazionale. Per quale motivo un cittadino italiano dovrebbe sentirsi rappresentato da un candidato finlandese, maltese o tedesco che non sono espressione del proprio territorio e non ne conoscono le istanze? Inoltre come si farebbe a mantenere un rapporto con il territorio, cosa già difficilissima nei collegi attuali?.
Quale dovrebbe essere allora la priorità?
«Mettere ordine tra le competenze. Ormai la Commissione si occupa di quasi tutto ed è difficile stabilire cosa è di competenza degli Stati membri e cosa dell'Unione. Durante la pandemia è stata concessa molta libertà di movimento a Bruxelles ma c'è la volontà di conferirgli ancora più poteri».
Cosa pensa dell'ipotesi di eliminare il principio dell'unanimità?
«Noi riteniamo necessario concedere a tutti i Paesi la stessa rappresentanza, togliere il principio dell'unanimità rischia di rafforzare la politica delle imposizioni e rompere qualcosa nella
costruzione europea. Io mi sono iscritto nel 1992 alla Lega che chiedeva di dare più poteri ai territori, non di toglierli. Questa riforma mi sembra che vada in una direzione opposta e contraria a ogni idea di federalismo reale».
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