"Con Cosima e Sabrina vi racconto la verità sull'inferno di Avetrana"

Stasera a «Storie Maledette» il colloquio in cella. «Ma i pedofili mai: non voglio mostri»

"Con Cosima e Sabrina vi racconto la verità sull'inferno di Avetrana"

Si dice che prima d'indagare sui misteri altrui ci si debba interrogare sul proprio. E l'enigma che avvolge Franca Leosini inesorabile investigatrice delle anime nere di Storie maledette (da stasera alle 21,20 su Raitre)- è: come può una garbata signora provare interesse per i mostri che intervista? «Le mie non sono interviste ma incontri. E quelli che incontro non sono mostri ma uomini caduti nelle tenebre del male».

Signora Leosini: stasera lei avvicinerà Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano, entrambe all'ergastolo per l'omicidio di Sarah Scazzi. Cosa prova di fonte a persone simili? Curiosità? Rabbia? Pietà?

«Innanzitutto rispetto. E poi, spesso, compassione. I delitti non si giustificano mai. Però si devono interpretare. Capire è un dovere. Io non sono un pubblico ministero. Sono un'indagatrice dell'anima».

Insomma la pensa come Papa Francesco, che ai carcerati disse «Potrei essere al posto vostro».

«Esattamente. Un cuore di tenebra batte nel petto di ciascuno di noi. Non m'interessa il criminale in quanto tale: è l'uomo, che voglio indagare. Il mostro assoluto no: per questo non ho mai incontrato un pedofilo».

Ma loro perché l'incontrano? Un'estrema speranza di riabilitazione? Un insperato processo d'appello?

«Un po' tutte queste cose. Certo: loro sanno che ne avranno un restauro d'immagine. Chi accetta di scendere con me nell'inferno del passato, spera di gettare un ponte fra sé e la società nella quale, prima o poi, è destinato a ritornare».

E lei? Non prova alcuna inquietudine, neppure un po' di malessere, dopo essersi immersa in queste storie?

«Le vivo come psicodrammi. Dopo aver conosciuto la Misseri e la Serrano non ho chiuso occhio. La verità è che il callo non lo fai mai. Quando Mary Patrizio spiegò nei dettagli come uccise il figlio di cinque mesi, ricorsi a tutto il mio coraggio per non scoppiare a piangere».

Da Angelo Izzo a Patrizia Gucci a Pino Pelosi. Quanti di loro si dichiarano innocenti e quanti ammettono la colpa?

«Diciamo metà e metà. La verità vera non sempre coincide con quella processuale. Per ottenerla talvolta pongo domande durissime. I miei amici si stupiscono che io non riceva come risposta un cazzotto in faccia».

E le risposte sono davvero sincere? Mai dubitato d'essere ingannata, forse strumentalizzata?

«Una volta sola, con una donna molto celebre. Ma io sono ferratissima: studio per mesi tutti gli atti processuali, solo per Avetrana diecimila pagine di faldoni. Non gliela feci passare liscia».

E non teme di sottoporre i suoi spettatori al fascino del male? O di rendere i suoi ospiti degli eroi negativi?

«Quel fascino lo ha già abbondantemente esercitato la cronaca nera, che il male lo strumentalizza in innumerevoli programmi, da mattina a sera. Io cerco invece di capirlo. C'è una bella differenza».

I suoi incontri favoriscono in queste persone una presa di coscienza? Magari l'inizio di una redenzione?

«Ecco la mia soddisfazione più grande! Con molti di loro resto in contatto epistolare: Quante cose ho capito di me e di quel che ho fatto, mi scrivono.

Fabio Savi, il capo della banda della Uno Bianca, mi scrisse d'essersi profondamente pentito. Ma mi chiese di non parlarne, e io mi astenni. Ho fatto cose troppo terribili perché possa permettermi di dire pubblicamente che ne sono pentito».

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