Cospito resta al carcere duro. "Può istigare i compagni"

Secondo le motivazioni del Tribunale di Sorveglianza il detenuto è pericoloso. Inviò proclami dalla prigione

Cospito resta al carcere duro. "Può istigare i compagni"

Alfredo Cospito deve restare al 41 bis perché può continuare a esercitare «il suo ruolo apicale» nella Fai anche dal carcere.

Così il Tribunale di Sorveglianza lunedì ha messo un punto alle velleità degli anarchici, che tre giorni fa si sono fatti sentire a Bologna e Roma, rompendo vetrine e incendiando cassonetti. Ma il braccio di ferro dei manifestanti con la giustizia è servito a poco. Il Riesame, infatti, ha respinto il reclamo della difesa di Cospito, da due mesi in sciopero della fame in segno di protesta contro il regime di carcere duro, di solito riservato a terroristi e mafiosi, che gli è stato inflitto per quattro anni. E ieri sono uscite le motivazioni.

«La detenzione ordinaria anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l'elevato rischio di comportamenti orientati all'esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell'ambito dell'associazione di appartenenza - sottolineano i giudici di Roma - la valutazione del profilo criminale del detenuto e del suo ruolo verticistico all'interno della Fai e della perdurante operatività della stessa, dimostrano come sussista un concreto pericolo, una qualificata capacità di Cospito di riprendere pienamente i vincoli associativi pur dall'interno del carcere, e di veicolare all'esterno e con autorevolezza disposizioni criminali».

Del resto le devastazioni dei giorni scorsi, che speravano di forzare la mano dei giudici, sono stati controproducenti.

Visti i presupposti, secondo i giudici, il regime di alta sicurezza non è sufficiente per scongiurare una ripresa dell'attività di Cospito e per neutralizzare il rafforzamento e la perpetuazione del vincolo associativo e ogni situazione che possa comportare anche la stessa percezione di rapporti ancora attivi con accoliti in libertà, anche veicolata, in regime ordinario, da altri soggetti ristretti. Ma non solo. Il Tribunale di Sorveglianza è convinto che le comunicazioni dell'ideologo della Fai con le realtà anarchiche all'esterno del circuito carcerario appaiono assidue e «producono l'effetto di contribuire a identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni».

Cospito, attualmente in sciopero della fame, è detenuto da oltre 10 anni nel carcere di Bancali, a Sassari. È stato condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato nel 2012 l'ad di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, ed è stato successivamente accusato di strage politica per aver piazzato due ordigni nei pressi della Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo) nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006. «Con numerosi scritti e opuscoli clandestini - scrivono i giudici nel documento che lo relega ancora al 41 bis - ha contribuito e contribuisce a elaborare un modello di lotta in cui vengono formulate proposte organizzative, argomenti e temi su cui orientare la lotta, definiti obiettivi strategici costituenti un invito ad agire che poi nuclei cellule o individualità raccolgono traducendo l'obiettivo in attentati veri e propri di diversa entità e difficoltà sulla base delle concrete possibilità d'azione che ciascuno possiede».

Ieri però i giudici della Corte di Assise d'appello di Torino, davanti ai quali si celebra il processo contro l'anarchico, hanno accolto una richiesta dei suoi difensori, sollevando una questione di legittimità costituzionale. La norma su cui hanno chiesto un intervento è quella che impedisce di concedere l'attenuante del fatto di lieve entità se l'imputato è considerato recidivo. Gli atti verranno ora trasmessi alla Consulta.

L'onda anarchica, però, non si ferma.

La prossima manifestazione in programma è fissata venerdì alle 15 davanti al ministero di Giustizia. Poi di nuovo il 31 dicembre. E lo sciopero della fame prosegue. «Cospito è determinato ad andare avanti - ha sottolineato l'avvocato Flavio Rossi Albertini -. Secondo il nostro medico, è arrivato al limite».

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