E se il «modello Albania» che sta studiando mezza Europa riuscisse a sconfiggere il business dell'immigrazione clandestina che guadagna migliaia di euro a ogni viaggio dai migranti, una robina tra i cinque e i sei miliardi di dollari? Le Ong sono pagate da governi e grandi compagnie per fare il lavoro sporco, raccattarli in mare ed evitare che mercantili, portacontainer e petroliere debbano farlo per la legge del mare, gli scafisti (e i terroristi che vogliono portare la jihad in Occidente) lo sanno e ne approfittano. Non si possono controllare i profughi che scappano da fame, guerra e malattie ma svuotare l'Italia dai migranti maschi e in buona salute provenienti da 22 Paesi considerati «sicuri» (anche se una recente sentenza della Cedu rischia di ridurre l'elenco al lumicino) porterà comunque maggiore sicurezza nelle nostre città.
Al porto di Shengjin e all'ex base Nato di Gjader arriveranno i richiedenti asilo intercettati dalle nostre navi militari nel Mediterraneo. Una presenza ingombrante in un mercato che rende più della droga e attira le mafie: le tratte per vendere narcotici, armi o esseri umani sono le stesse, che sia il corridoio adriatico o la tratta del Nord Africa in mano alla Mafja Shquiptare albanese, il corridoio Turchia-Trieste o i barchini di iracheni, iraniani, afghani e siriani diretti in Calabria (vedi la tragedia di Cutro, feudo di 'ndrangheta). Il caporalato dei migranti soccorsi che rimangono sul territorio trasforma i profughi in carne da cannone per lo spaccio, manodopera a basso costo nei campi o facchini per gli ortomercati, da Milano a Fondi, le gang nigeriane fanno affari con la camorra e riducono le connazionali a prostitute, come a Castel Volturno.
C'è anche il filone dell'immigrazione illegale costituita dai «flussi migratori solo in apparenza regolari» denunciato all'Antimafia dal premier Giorgia Meloni, che per questo ha modificato il decreto Flussi vista «la «pesante interferenza del crimine organizzato» nel sistema e la sproporzione tra nulla osta concessi a chi entra, datori di lavoro e contratti» veri o falsi grazie a residenze fittizie.
Promettere una cittadinanza italiana à la carte non aiuta visto che anche l'accoglienza è un business, ogni migrante vale decine di euro al giorno. Al Viminale non c'è più chi incassava 5mila euro al mese per orientare il traffico di profughi verso le coop amiche, né le Prefetture che affidavano clandestini e appalti a chiunque fosse disposto ad accollarsele, vedi il modello Riace di Mimmo Lucano finito alla Corte dei conti, ma c'è ancora chi compra e vende generalità di migranti spariti da tempo. Ecco perché il sistema tanto difeso dai Talebani dell'accoglienza (libro del nostro Fausto Biloslavo che uscirà a fine mese) è pieno di contraddizioni e limiti «insiti in un approccio evidentemente fallimentare al fenomeno migratorio e alla gestione dell'accoglienza», scrisse la commissione parlamentare che ha indagato sull'ex Cara di Mineo, in Sicilia, oggi finalmente chiuso.
Cara, Cas, Sai, Sprar, Cie, Cpr. Sigle che nascondono l'inferno in cui vivono e (muoiono, in 14 dal 2018 al 2022) i migranti reclusi. Nove centri in sette Regioni che la sinistra ha «inventato» e che scopre solo quando governa il centrodestra, al centro di numerose inchieste (anche recentissime) della magistratura - dal Cpr di via Corelli a Milano al Cas di Bagnoli a Padova - che hanno scoperchiato gli interessi di coop «pigliatutto» che ne gestiscono più di uno. Ci sono imprenditori spregiudicati arrivati da altri settori (i rifiuti, ad esempio) che, complice l'opacità di alcune procedure di gara, promettono corsi di chitarra e computer e bricolage per prendere l'appalto, fanno arrivare molti più migranti di quelli che possono gestire e aggirano i controlli, a volte concordati con funzionari disonesti. A Crotone gli appetiti della cosca Grande Aracri sul centro di accoglienza hanno costretto la Prefettura ad affidare la struttura alla Croce rossa. L'inchiesta Mafia capitale sancì il legame tra la 'ndrangheta e le coop rosse di Salvatore Buzzi.
Per non essere rinchiuso nei Cpr fino all'eventuale rigetto della domanda di asilo, il migrante deve fornire una «garanzia finanziaria» di 4.
938 euro, altre misura di deterrenza verso l'immigrazione irregolare prevista dall'esecutivo. Ma la solita giurisprudenza creativa l'ha già smontata (vedi la sentenza svuota Cpr di Catania che ha fatto scuola in Italia). Chissà che non succeda anche con l'hotspot in Albania.
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