Stavolta si parla di una tregua più lunga, anche se le precedenti sono state regolarmente infrante. Il generale a capo dell'esercito sudanese Abdel Fattah al-Burhan e il leader delle forze paramilitari di supporto rapido (RSF), il generale Mohamed Hamdan Dagalo, hanno concordato in linea di principio una tregua di sette giorni a partire dal 4 maggio. Lo riporta l'emittente al Arabiya, citando una dichiarazione rilasciata oggi dal ministero degli Esteri del Sud Sudan.
Ma nel Paese fino a ieri si è continuato a combattere. L'Onu ha reso noto che, a causa della guerra fra Esercito e paramilitari scoppiata il 15 aprile, più di 100mila persone sono già fuggite dai combattimenti in Sudan verso i paesi vicini, dopo che il Paese si è già svuotato di circa 1.500 europei evacuati, in gran parte diplomatici e personale al servizio delle sedi diplomatiche, oltre che i loro famigliari. A riferire del flusso di persone in fuga, durante una conferenza stampa a Ginevra, è stata la portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), Olga Sarrado. Le Nazioni Unite temono un esodo di massa dal Sudan e stimano che «più di 800mila persone» potrebbero fuggire dal Paese. Secondo l'Unhcr, la maggior parte di loro dovrebbe andare in Ciad, Egitto e Sud Sudan. «È molto difficile prevedere cosa accadrà. Dipenderà da ciò che accadrà in Sudan», ha commentato Sarrado.
Secondo l'Onu, sono oltre 330mila gli sfollati in Sudan a causa dei combattimenti. Le Nazioni Unite aggiungono che il programma di aiuti destinati al Paese per quest'anno è attualmente finanziato solo per il 14% e alle agenzie umanitarie mancano 1,5 miliardi di dollari per affrontare la crisi. «L'appello congiunto di 1,75 miliardi di dollari per il Sudan nel 2024 è finanziato solo al 14%. In altre parole... abbiamo un deficit di finanziamento di 1,5 miliardi di dollari», ha dichiarato Jens Laerke, portavoce dell'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, durante un briefing a Ginevra.
Per il rientro dei cittadini italiani in Sudan e di altri cittadini stranieri, lo ha ricordato ieri il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, lunedì primo maggio è stato «premiato il merito dei nostri diplomatici, protagonisti della
evacuazione». Tajani ha ricordato così la decisione del Consiglio dei ministri che lunedì «ha promosso al grado di ministro plenipotenziario Michele Tommasi, capodelegazione a Khartoum, e Nicola Minasi, Capo dell'unità di crisi».
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