"La Via Crucis delle vittime di violenza per dare voce al calvario di chi soffre"

Il fondatore di "Culturaidentità" dedica un numero a chi ha subìto un reato: "La cultura del politicamente corretto coccola chi ha gambizzato"

"La Via Crucis delle vittime di violenza per dare voce al calvario di chi soffre"

Nella Sala Caduti di Nassirya del Senato, Edoardo Sylos Labini ha presentato il nuovo numero del mensile Culturaidentità. «La Via Crucis delle vittime» è il titolo scelto per raccontare 14 storie di violenza descritte sulle pagine della rivista grazie alla collaborazione con UNAVI, Unione Nazionale Vittime, l'associazione presieduta da Paola Radaelli.

Com'è nata l'idea di dedicare un intero numero alle vittime?

«Culturaidentità, che nasce come movimento culturale, raggruppa tante associazioni e tra queste c'è UNAVI, che da anni dà voce e sostegno ai familiari e alle comunità delle vittime. È un fatto culturale, come ha detto il segretario Del Mastro: Nessuno tocchi Abele, non Caino. Occupiamoci culturalmente di raccontare qual è il calvario delle vittime di violenza dopo il reato. I media cercano cosa possa aver spinto l'assassino a compiere l'atto ma diamo voce anche a chi subisce la violenza».

Quando l'Italia ha smesso di essere dalla parte di Abele per dedicarsi a Caino?

«La cultura del politicamente corretto fa in modo che si facciano scioperi e manifestazioni violente per uno che ha gambizzato ed è accusato e condannato per tentata strage, parlo di Cospito. È un lascito che arriva da un certo mondo coccolato dalla sinistra. Bisogna eliminare questo retaggio partendo dalle scuole, come ha detto il sottosegretario Frassinetti. La violenza ha molte sfaccettature e lì bisogna ricominciare a insegnare la cultura del rispetto. L'educazione civica va rilanciata, bisogna ripristinare la normalità, diventata quasi un'avanguardia del pensiero. Con Culturaidentità abbiamo inventato da anni una rubrica chiamata legittima difesa per dare spazio a chi si difende da atti violenti ma, reagendo, diventa l'accusato».

In che modo si può blindare il diritto alla legittima difesa?

«Oltre al fattore culturale c'è quello giuridico, con cavilli a cui si appellano i fautori del politicamente corretto. So che il ministero della Giustizia, anche grazie a un tavolo con UNAVI, sta cercando di tirare fuori una legge importante. La difesa è sempre legittima».

Da esponente di primo piano, secondo lei come sta oggi la cultura di destra?

«Sono felice che in un'area politica che se ne era sempre occupata troppo poco si cominci a parlare di cultura, di arte. È un settore che per colpa di un'assenza politica è stato lasciato in mano agli avversari. Domani (oggi, ndr) ci sarà l'incontro Pensare e immaginare italiano. Con Giampaolo Rossi e con un altro gruppo di intellettuali abbiamo lanciato, una settimana prima delle elezioni, lo slogan ripreso nel convegno: Liberiamo la cultura per un nuovo immaginario italiano".

E sono felice che la settimana prossima si organizzi un altro incontro, organizzato dal centro Machiavelli, che si chiama: Cultura è identità. Mi rincuora, perché vuol dire che il mio percorso ha creato un solco, una direzione che qualcuno sta seguendo».

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