A Cuba sistema elettrico ko. Paese al buio, chiuse le scuole

La "disconnessione imprevista" della centrale Guiteras: 10 milioni di persone senza energia, scorte di cibo a rischio

A Cuba sistema elettrico ko. Paese al buio, chiuse le scuole
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Da venerdì Cuba è completamente al buio dopo il presunto guasto che ha messo fuori uso la Centrale Termoelettrica Antonio Guiteras. Il condizionale è d'obbligo visto che la sera prima, il primo ministro Manuel Marrero era andato alla tv cubana per dire che il governo aveva deciso di «paralizzare l'economia per garantire un minimo di servizio elettrico» mentre, sempre giovedì, l'Unione elettrica statale, l'Une, in un comunicato aveva annunciato la sospensione dei «servizi che non sono vitali e che generano costi energetici. Tra questi le attività didattiche a tutti i livelli di istruzione, quelle culturali, i locali notturni, i centri ricreativi e altri che generano alte concentrazioni di persone. Tutte paralizzate, sia nel settore statale che in quello non statale».

L'Une aveva aggiunto che da venerdì a domenica sarebbero rimasti in servizio solo i «centri vitali, come gli ospedali e quelli che producono cibo», oltre al personale «essenziale» che andrà al lavoro. Insomma, già alla vigilia del blackout i cubani, che di blackout hanno decenni di esperienza grazie alla fallimentare gestione comunista che da quasi 66 anni malgoverna l'isola, sapevano che qualcosa di «poco bello» stava per accadere. La versione ufficiale e «tecnica» del governo, a detta del direttore elettrico del ministero dell'Energia, Lázaro Guerra, intervistato nel programma Buenos Días della tv di stato, è quella del guasto ad «un microsistema della Centrale Termoelettrica Antonio Guiteras», da cui il buio totale in cui Cuba è piombata da 48 ore. Dal canto suo, il presidente de facto Miguel Díaz-Canel davanti ai dirigenti del Partito Comunista riuniti in una stanza illuminata e con l'aria condizionata, ha fatto appello al volontarismo: «Ribadisco che non ci sarà tregua finché con i nostri bravi elettricisti non ripristineremo il sistema e prometto che lavoreremo con tutta la precisione, la dedizione e la perseveranza necessaria per farlo». Ovviamente, Díaz-Canel ha attribuito all'embargo statunitense la causa del «blackout, che è l'ultima dimostrazione di tutti i problemi che il blocco ci causa. Alcuni dicono che se la luce manca è per inefficienza ma lo fanno solo perché vogliono destabilizzare la nostra gente». Díaz-Canel ha poi chiesto «comprensione della situazione, della complessità del momento che stiamo vivendo» mettendo avanti le mani con la «sua gente»: «Anche quando usciremo da questo blackout, ci troveremo ancora in un'emergenza che varierà a seconda dei risultati dei nostri sforzi». La «sua gente» che lo ascolta e che da venerdì è al buio e con il poco cibo nei frigo che marcisce, è invece sempre più esasperata, come dimostrano le reazioni sulla pagina Facebook dell'Une, dove alla perdita di pazienza verso il governo si uniscono le prime proteste verbali, fatto inedito nella più antica e repressiva dittatura delle Americhe.

Per comprendere cosa provano gli abitanti dell'Avana alle prese anche con un'epidemia di dengue senza precedenti, con allagamenti che fanno crollare edifici e con la scarsità di acqua potabile, basti quanto riferito da un operaio dell'aeroporto José Martí al sito indipendente 14ymedio dopo avere saputo che Cubana de Aviación ieri aveva previsto un volo presidenziale in partenza. «Spero che se ne vadano e si lascino alle spalle tutto questo. Se il regime se ne andrà da Cuba lo farà così, nel mezzo di un blackout totale, in modo che nessuno possa accorgersene».

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