Dà la casa ai profughi. E gli italiani?

Un professore con moglie e quattro figli cede la sua abitazione: "Aiuto chi ha bisogno"

Dà la casa ai profughi. E gli italiani?

Già era finito sulle pagine dei giornali perché due anni fa aveva accolto in casa sei profughi. Lì, a vivere con lui e la sua famiglia, condividendone gli spazi e le lunghe tavolate apparecchiate. E ora la saga continua perché non solo li ha accolti, ma lascia agli immigrati pure la casa e lui e la moglie vanno a vivere dal prete.

Carità cristiana? Lui è un professore di Filosofia di un liceo di Treviso, Antonio Calò, padre di quattro figli e abita a Camalò di Povegliano nel trevigiano. Ora con la moglie Nicoletta a Natale si trasferirà a Treviso e andrà ad abitare dal parroco di Santa Maria del Sile, don Giovanni Kirschner. I profughi, sei africani, rimarranno a Camalò, per una prima prova per poi rimanere autonomi. Il professore ha fatto sapere che la casa rimarrà a loro disposizione e che per lui sarebbe bellissimo farla diventare una casa «africana». Insomma i profughi, qualora riuscissero a ricongiungersi con i familiari, potrebbero vivere beatamente e pacificamente insieme. Di questi tempi, l'idea è destinata a fare rumore, soprattutto in un Veneto che scoppia di richiedenti asilo e che, fino ai giorni scorsi, ha dovuto seguire la marcia dei migranti, tra le innumerevoli proteste dei cittadini. Migranti partiti da Conetta, sbarcati in provincia di Padova, ripiombati in provincia di Venezia e poi tornati ancora a Conetta. L'iniziativa di questa condivisione tra il parroco e il professore pare sia voluta allo scopo anche di attenuare la solitudine. Del don.

Il parroco, figura che per molti aspetti conduce una vita casalinga solitaria, da Natale si troverà ad avere in casa due coinquilini in più e i profughi cominceranno ad autogestirsi. Un esperimento a cui il vescovo Gianfranco Agostino Gardin si è dimostrato favorevole. Don Kirschner non nasconde il peso della tunica e vuole combattere il principio del «chi fa da sé fa per tre», oltre a preservare un'istituzione come quella dei parroci costretti a dividersi anche tra due parrocchie. Ci sono delle fragilità e delle fatiche nella condizione di prete, ha fatto sapere il parroco, che un tempo erano compensate dal contesto familiare in cui vivevano i sacerdoti. Accanto a loro c'era sempre una sorella, un fratello, uno zio pronti a sostenerli. Ora ci saranno i Calò che non vogliono sostituirsi al parroco, ma che vogliono essere utili alla comunità. E dire che il prof sta già facendo abbastanza: ha creato una famiglia allargata, dove anche i figli «adottivi», di cui uno registratosi su Facebook proprio con il cognome Calò, studiano e cercano lavoro.

Anzi la loro storia, l'anno scorso è finita anche in un film di Massimo Ferrari «Dove vanno le nuvole» che raccoglie quattro diverse esperienze.

Un documentario che è stato visto anche in Quirinale e che ha ricevuto anche il plauso del presidente Sergio Mattarella e pure del cancelliere tedesco Angela Merkel. Grazie. Non avevamo dubbi.

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