Sono le 15 quando il pattugliatore Cinus, intitolato all'omonima medaglia d'argento al valor civile, parte dal porto di Messina. A bordo 19 persone di equipaggio, comandate dal capitano Salvatore Caltagirone. Si esce 3-4 volte al mese, a seconda della turnazione. Missione: individuare eventuali imbarcazioni cariche di migranti o traffici illeciti nel Mediterraneo. Gli uomini e le donne del gruppo aeronavale della Guardia di Finanza, comandati dal colonnello Cristino Alemanno, hanno un compito arduo. «Ci vuole occhio - spiega il comandante - perché in apparenza tutte le imbarcazioni sono uguali. Ecco perché si deve essere scaltri e osservare molto. Un natante che ha una linea di galleggiamento anomala potrebbe occultare un carico pesante. A volte clandestini, a volte casse di stupefacenti». Al porto di Messina le unità navali della Guardia di Finanza, attraccate in banchina, sono diverse. Spiccano due pattugliatori multiruolo, piccole navi all'avanguardia i cui sistemi di comunicazione, navigazione, controllo e comando di bordo - come spiegato dal comandante di uno dei due, il Monte Sperone, Stefano Sogliuzzo - «sono stati adottati per offrire prestazioni operative di assoluto livello».
La navigazione sul Cinus è calma. Il primo obiettivo arriva dopo un'ora. Al largo della Calabria c'è una barca a vela e va controllata, perché ultimamente i trafficanti di uomini nascondono i migranti in imbarcazioni di questo tipo, battenti bandiera americana, inglese o di altri Stati insospettabili. «Pattugliatore Cinus a X - la voce del nocchiere è chiara - , diteci provenienza e destinazione. A bordo due signori inglesi, presumibilmente marito e moglie, di mezza età». Risponde l'uomo: «Veniamo dalla Sardegna, dove torneremo a breve». La linea di galleggiamento non desta sospetti. Pochi minuti e ripartiamo. In lontananza l'occhio aguzzo di un membro dell'equipaggio nota un oggetto in mare. Sono due grosse taniche di plastica. Le tiriamo a bordo. «Sono segnali lasciati dai pescatori - ci spiegano -, ma li controlliamo per essere certi che non ci sia niente di attaccato sotto». Si riparte, per arrivare in nottata a ottanta miglia dalle coste siciliane. Si sente un rumore di elicottero. È l'Ab-414 della Guardia di Finanza, che segue a ruota la vedetta velocissima classe 6.000 V-6004. Cercano obiettivi. Si affiancano al Cinus, ci si scambia informazioni. Più lontano operano le navi della Marina, le motovedette della Guardia costiera e i natanti delle Ong. La Libia sembra lontana. Ma la missione operativa della GdF non è meno importante di quella delle altre unità. D'altronde, lo ha detto il comandante generale delle Fiamme Gialle, Giorgio Toschi, al termine dell'addestramento agli uomini della guardia costiera libica: «La rilevanza strategica di questo momento non sfugge a tutti coloro i quali credono nella cooperazione internazionale come strumento fondamentale per la lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani».
La notte trascorre veloce e tra un controllo a un'imbarcazione e un'altra ci si rende conto che è già mattina. «Stavolta non abbiamo trovato niente - dicono gli uomini e le donne del Cinus -, ma l'estate davanti è lunga e noi siamo pronti a fare il nostro dovere».
D'altronde, sulla nave ammiraglia in porto spiccano le targhe delle operazioni portate a termine negli anni: «Novembre 2014, arrestati 9 narcotrafficanti. Dicembre 2015, sequestrate 26 tonnellate di stupefacente». La lista è lunga ed è destinata a crescere.
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