«Immagini spaventose», le definisce il cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Insostenibili», aggiunge il presidente francese Emmanuel Macron, mentre il leader ucraino Volodymyr Zelensky parla di «genocidio» e le Nazioni Unite spiegano che il caso «solleva interrogativi su crimini di guerra» commessi in UCraina. L'orrore di Bucha, la città di quasi 40mila abitanti a nord-ovest di Kiev, dove centinaia di corpi sono stati ritrovati senza vita lungo le strade, alcuni con le mani legate dietro la schiena, è quella che i russi, nel loro linguaggio militare, chiamano zachistka, un'operazione «di pulizia» casa per casa che in realtà l'esercito di Mosca ha già compiuto in Cecenia, ma che la Russia continua a negare parlando di immagini «fabbricate»: «Durante il periodo in cui Bucha è stata sotto il controllo delle forze armate russe, nessun abitante ha subìto azioni violente», sostiene contro l'evidenza il ministero della Difesa russo. A smentire Mosca arriva il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che stigmatizza gli «atti di crudeltà orribili e inaccettabili, commessi dai russi con una brutalità mai vista da decenni» e il segretario di Stato americano Antony Blinken parla di «un pugno allo stomaco».
Lo sdegno della comunità internazionale occidentale è unanime. Così come la constatazione che la Russia stia commettendo «crimini di guerra» da indagare e punire. Lo ripete anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, «sconvolta dalle notizie di orrori indicibili nelle aree da cui la Russia si sta ritirando» e che chiede «un'indagine indipendente»: «Gli autori di crimini di guerra saranno ritenuti responsabili». Una posizione ribadita dal presidente del Consiglio Mario Draghi: «La Russia dovrà rendere conto di quanto accaduto». E dal tedesco Scholz, che rivendica l'intervento di organizzazioni internazionali come il comitato internazionale della Croce rossa perché «abbiano accesso a Bucha, per documentare in modo indipendente queste atrocità. I carnefici e i loro mandanti devono essere assicurati alla giustizia». L'ipotesi è sostenuta anche da Parigi, il cui ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian spiega che i colpevoli dovranno essere «giudicati e condannati»: «Lavoriamo in raccordo con i nostri partner, le autorità ucraine e le giurisdizioni internazionali competenti affinché questi crimini non restino impuniti».
In attesa che la barbarie russa venga indagata dagli organismi ad hoc, l'Occidente intanto lavora su una risposta immediata sul solco delle precedenti. Sanzioni e ancora sanzioni, nuove sanzioni che tuttavia finora non hanno fermato il massacro. Le annuncia il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, insieme a nuovi aiuti per Kiev, mentre spiega che l'Unione europea «sta assistendo gli ucraini e le Ong nel raccogliere le prove da portare nelle corti internazionali».
E c'è chi, anche in Italia, invoca la mossa finora esclusa: «Quante #Bucha servono prima di passare a un embargo completo su petrolio e gas russi? Il tempo è finito», scrive su Twitter il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, subito seguito dalla capogruppo del Pd, Debora Serracchiani. A dar man forte al leader della sinistra italiana arriva anche Pierferdinando Casini: «You are right», gli risponde in inglese: hai ragione.
Ma a mostrare subito perplessità sull'opzione finora scartata dall'Europa, che sta cercando di emanciparsi dalla dipendenza energetica di Mosca ma ha reputato fin qui troppo presto tagliare i ponti per non rimanere a secco, è il segretario di Azione, Carlo Calenda: «Belle queste dichiarazioni, Enrico. Ma hai anche un piano per sostituirlo immediatamente? Perché fino a un mese fa eri contrario ad ogni investimento su gas e non ti ho sentito dir nulla su l'uso del carbone. È tempo di fare proposte serie».
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