Dall'"affaire Palamara" un siluro a Ermini: è coinvolto anche lui, non può essere giudice

Stefano Fava, tra i 27 magistrati sotto inchiesta, ricusa l'esponente del Pd

Dall'"affaire Palamara" un siluro a Ermini: è coinvolto anche lui, non può essere giudice

Come può David Ermini, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, giudicare gli accusati di una vicenda in cui anche il suo nome ricorre più volte? Contro l'esponente del Pd, l'uomo che rappresenta in Csm la voce del presidente Mattarella, parte ieri un siluro da uno dei magistrati sotto accusa per il caso Palamara. Il tema non è dissimile da quello che vide protagonista Piercamillo Davigo, ricusato da Palamara perché lui stesso coinvolto nelle nomine oggetto del procedimento disciplinare contro l'ex leader dell'Anm.

Stavolta tocca ad Ermini venire ricusato: con un atto depositato nei giorni scorsi da Stefano Fava, il pm romano che fa parte dell'elenco di 27 toghe per cui la Procura generale della Cassazione chiede sanzioni disciplinari. Fava risponde di due capi d'accusa: uno è avere spifferato a Palamara qualche dritta sull'indagine che lo vedeva coinvolto; l'altro, il più delicato, è avere inviato un esposto al Csm in cui si riferiva dei rapporti d'affari con alcuni inquisiti del fratello di Giuseppe Pignatone, allora procuratore della Repubblica a Roma.

Pignatone ha lasciato la Procura per limiti di età, e oggi presiede il tribunale del Vaticano. E il suo nome ricorre spesso nella ricusazione depositata da Fava. Ermini, secondo Fava, dovrebbe farsi da parte per non avere dato corso al suo esposto proprio contro Pignatone: «Sia il Quirinale, sia David lo vogliono affossare», si legge in una intercettazione. Scrive Fava: «il Presidente Ermini ha un evidente interesse personale a patrocinare una certa interpretazione delle intercettazioni che lo riguardano direttamente quale, ad esempio, quella sopra citata, versate agli atti del presente procedimento poiché, da una certa interpretazione piuttosto che da un'altra, potrebbe discenderne una sua responsabilità personale».

E non è tutto. Fava ricusa anche Giuseppe Cascini, membro di sinistra del Csm: ricusazione superata dai fatti, perché Cascini ha già deciso di astenersi. Ma nel capitolo dedicato a Cascini, Fava infierisce nuovamente su Pignatone: «in data 16 novembre 2016 intorno alle ore 17 (...) il dottor Pignatone ha infatti comunicato al dottor Fava di conoscere Centofanti Fabrizio per essere costui una della dieci persone che gli era capitato di frequentare a Roma. Di essere stato a cena con il predetto Centofanti e che tra i commensali c'era anche il ministro della difesa Pinotti».

Centofanti è l'imprenditore legato al Pd da cui ora Palamara è accusato di essersi fatto comprare: ma secondo Fava i rapporti erano stretti anche con Pignatone. E fu proprio Pignatone, scrive Fava, a rivelare a Palamara dell'esistenza di un indagine a suo carico. Ma nei guai c'è finito Fava.

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