Dalle accuse ai successi: il disegno di Netanyahu e la grande sfida finale. "Decapitare la piovra"

Vittorie militari e consenso, cambia l'aria per Bibi. Il piano: costruire un asse con il popolo persiano

Dalle accuse ai successi: il disegno di Netanyahu e la grande sfida finale. "Decapitare la piovra"
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Non è meno stupefacente dell'impossibile eliminazione di Nasrallah l'ammirato sguardo del mondo verso il personaggio che tutto il conformismo internazionale ha amato odiare, e ha usato come schermo per attaccare Israele, la guerra, gli ebrei: Netanyahu. Perché nello slang comune si poteva dire: «Magari è vero che Israele ha sofferto il 7 di ottobre, è vero che l'Iran le ha scatenato contro l'inferno... ma certo, questo Netanyahu». In queste ore il rovesciamento è stupefacente anche nell'opinione pubblica israeliana: non è solo l'Onu che nel 2023 ha dedicato due terzi delle sue risoluzioni di biasimo a Israele, anche i telegiornali israeliani hanno dedicato tre quarti delle notizie alla durezza di Netanyahu che vuole per forza andare a Rafah, si impunta nel voler trattenere nelle sue mani il confine di Gaza con l'Egitto, lo Tzir Filadelfi, risponde in maniera assolutamente impropria a un presidente degli Stati Uniti generoso come Biden, che gli chiede il cessate il fuoco, e Bibi si impunta. È stato Netanyahu, ha ripetuto la vox populi, a insistere su una guerra criticata da tutto il mondo per la sua lunghezza e la sue durezza, che ha alzato le spalle davanti alle accuse dell'Icj e dell'Icc; se ne è infischiato quando lo hanno comparato a Sinwar e chiesto il suo arresto o quando hanno accusato il Paese di genocidio. L'isolamento non lo ha toccato. Netanyahu ha più volte ripetuto che a Gaza si doveva continuare a combattere fino alla vittoria, fino alla distruzione di Hamas per non rischiare un 7 ottobre numero due; è stato vissuto dall'opinione pubblica internazionale come una minaccia alla stabilità mondiale, come un guerrafondaio. Bibi è stato svillaneggiato ovunque. È stato anche accusato dell'orribile ipotesi che ignorasse la necessità primaria di liberare i rapiti, a volte è stato assurdamente biasimato più di chi i rapiti non li ha mai voluti scambiare veramente, Sinwar. Alla base di queste accuse quella cocente, che certo Netanyahu vive come la grande frattura nella sua vita e come un'onta da lavare, di aver fallito il compito di salvare Israele dall'attacco del 7 ottobre. Insieme, si sono sentite spesso le consuete accuse legate al suo processo, alla sua troppo lunga permanenza nel ruolo di primo ministro (17 anni in tutto), all'incapacità di coltivarsi dei successori, il suo governo troppo di destra, con due ministri come Ben Gvir e Smotrich molto discussi. Il suo essere un laico moderato è stato ignorato nell'antipatia dell'amministrazione americana di sinistra di aver un governo in cui specie Ben Gvir ha sollevato spesso questioni infiammatorie, come quella della Spianata delle Moschee, su cui Netanyahu ha sempre tentato, inascoltato, di porre un freno. Ma la svolta è venuta quando Netanyahu ha potuto mettere in pratica a fondo, nell'azione del Mossad, dell'esercito la sua teoria, che spiega da decenni: Israele è assediato da una piovra con una testa minacciosa e feroce, che ha disegnato l'uso di Hamas, degli Hezbollah, degli Houthi, dei siriani, degli iracheni, in funzione della distruzione dello Stato d'Israele e dell'Occidente tutto. Bisogna combatterla a fondo, frontalmente. Lo ha rispiegato all'Onu quattro giorni or sono, e mentre lo diceva, finalmente, ha premuto il bottone dell'azione che ha ricondotto Israele e il suo fantastico esercito a essere sé stessi. Nasrallah è stato ucciso in un'operazione prodigiosa, pochi giorni dopo l'incredibile operazione dei beeper. Intanto, a Gaza frenava, poteva farlo finalmente, e anzi disegnava l'ipotesi che l'invisibile Sinwar potesse cedere sulla restituzione degli ostaggi.

Tutto è sul tappeto adesso, e non sorprende che Gideon Sa'ar sia entrato nel governo dando a Bibi una stabilità nei numeri e quindi anche la possibilità di frenare Ben Gvir che non aveva avuto fino ad ora. Questo vuol dire accordi col mondo arabo, soprattutto con l'Arabia Saudita se si accorge finalmente che si disegna un nuovo Medio Oriente di pace, contro la piovra. Netanyahu non se ne era mai andato, ma adesso è tornato stabilmente, e alla vigilia del capodanno ebraico che è mercoledì sera, ha rivolto un discorso al popolo iraniano, un discorso semplice che si basa su quello che non si era mai visto ancora in Medio Oriente: arabi sunniti, curdi, siriani, iraniani, e persino palestinesi che lodano Israele, lo ringraziano, distribuiscono dolci e chiedono a Bibi di continuare.

Voi soffrite della miseria e della oppressione in cui vi ha gettato questo regime, dovete liberarvene, dice in sostanza il primo ministro, due antiche nazioni come il popolo ebraico e quello persiano, costruiranno un nuovo futuro insieme. Un pensiero degno di un grande disegno strategico, con tanta guerra ancora da combattere ma un fine chiaro, degno di Israele.

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