L'investimento da 81 milioni di euro approvato dall'ex commissario all'emergenza Domenico Arcuri per finanziare il vaccino anti covid di ReiThera non era «valido» né «sufficiente» secondo la Corte dei Conti, che ha bloccato lo stanziamento.
Ma non è l'unica ombra sulle spese autorizzate da Arcuri - che aveva il potere di agire in deroga alle normali procedure - in piena emergenza Covid. Anche se il decreto Cura Italia aveva previsto che gli atti dei «contratti relativi all'acquisto di beni» per far fronte alla pandemia fossero «sottratti al controllo della Corte dei Conti, fatti salvi gli obblighi di rendicontazione. Per gli stessi atti la responsabilità contabile e amministrativa è comunque limitata ai soli casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario», sono diversi i fascicoli che sono stati aperti, tra Corte dei Conti e la Procura di Roma.
I dubbi riguardano circa un miliardo e mezzo di euro di spese dell'ex commissario (per l'esattezza, 1,42 miliardi). Sono ancora accese le polemiche sui banchi con le rotelle costati 95 milioni di euro (che si sommano alla spesa per i banchi tradizionali pari a 300 milioni), che erano stati richiesti dal ministro Lucia Azzolina per la ripartenza a settembre e che Arcuri aveva il compito di reperire sul mercato. Molti sono arrivati quando gli istituti erano già chiusi per le zone rosse, e secondo stime non ufficiali il 50 per cento non sarebbe mai stato utilizzato. Diversi esposti erano arrivati alla Corte dei Conti. Anche l'Anac aveva inviato una segnalazione ai magistrati contabili, ma per il prezzo di acquisto dei banchi tradizionali: «Per quanto riguarda i banchi e le sedute tradizionali il prezzo di affidamento si è rivelato in media superiore a quello stimato. Per le sedute innovative invece il prezzo di affidamento risulta in media inferiore a quello inizialmente stimato (219,75 euro a fronte di 307 euro)».
La voce di spesa più elevata finita sotto la lente dei magistrati è però quella della maxi commessa di mascherine acquistate in Cina in piena emergenza: 1,2 miliardi di euro per 800 milioni di dispositivi acquistati tra marzo e aprile 2020 da tre aziende cinese per il tramite di diversi intermediari che su quell'affare hanno ottenuto provvigioni per 60 milioni di euro. La Procura di Roma indaga per traffico di influenze illecite i mediatori e ha indagato lo stesso Arcuri per peculato. Dubbia anche l'efficacia dei 36 milioni di euro di incentivi Invitalia stanziati in un bando per spingere le aziende italiane a riconvertire la loro produzione in mascherine. A macchinari acquistati e investimenti fatti, le imprese si sono ritrovate con gran parte delle produzioni nei magazzini perché la struttura commissariale non ha più acquistato i dispositivi da loro. E ora si ritrovano a dover restituire i soldi. Non hanno visto la luce per l'arrivo Draghi le famose primule che dovevano sorgere in 21 capoluoghi italiani come centri vaccinali.
Il bando di Arcuri prevedeva un esborso di 400 mila euro per ogni padiglione, per un totale di oltre 8 milioni di euro.
Sul tavolo dei magistrati contabili sono finiti anche i 10 milioni di euro spesi per acquistare le siringhe di precisione, più costose di quelle normali ma che consentirebbero di estrarre più dosi da una singola fiala, per iniettare i vaccini.
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