L'incognita dazi fa tribolare l'Europa tutta. Donald Trump è stato alquanto esplicito nel far capire che il Vecchio continente non verrà risparmiato. Quella che si profila è una guerra commerciale senza esclusione di colpi in quanto il messaggio Make America Great Again del neo presidente statunitense poggia molto sulla convinzione di dover riequilibrare i rapporti con i suoi maggiori partner commerciali. I dazi verso l'Europa appaiono pertanto cosa certa, la domanda è dove e quando. Lo scenario più estremo, più volte evocato da Trump, è quello di dazi universali del 10-20% su tutte le importazioni di qualsiasi provenienza. La posta in gioco è molto alta in quanto, come confermato ieri da un portavoce di Bruxelles, il rapporto commerciale dell'Unione Europea con gli Stati Uniti è il più grande al mondo. E in effetti, gli scambi commerciali di beni e servizi tra Stati Uniti e Ue nel 2023 hanno toccato i 1.540 miliardi di euro, quasi il 30% del commercio globale. Considerando solo gli scambi di beni, negli ultimi 10 anni gli scambi tra Ue e Usa sono addirittura raddoppiati.
L'Europa esporta oltreoceano decisamente più di quanto prende: l'export nel 2023 è stato di 503 miliardi a fronte di 347 miliardi di import.
In Europa è la Germania il paese che fa più affari con la maggiore potenza economica del pianeta con un avanzo commerciale di circa 80 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto ai 43 miliardi dell'Italia. Addirittura nella prima metà dello scorso anno gli Usa hanno sopravanzato la Cina come principale partner commerciale dei tedeschi (ossia sommando i volumi di scambi tra export e import). E a Berlino già iniziano a sudare freddo anche perchè il settore automotive, di gran lunga quello che più incide sul totale delle esportazioni, non è immune dalla prima ondata di dazi partita in questi giorni verso Messico, Canada e Cina. Il colosso Volkswagen ha in Messico uno dei suoi più grandi stabilimenti e ieri si è premurato di auspicare «colloqui costruttivi» per preservare la stabilità economica. L'associazione automobilistica tedesca Vda ha affermato che i dazi potrebbero avere ripercussioni sui posti di lavoro in Germania e in Europa. Nel suo piccolo anche l'italo-francese Stellantis gestisce due stabilimenti in Messico e due negli Stati Uniti.
L'Italia con i suoi oltre 67 miliardi di export verso gli Stati Uniti è uno dei paesi europei più sensibili all'insidia dazi, con a rischio fino a 12 miliardi delle vendite del made in Italy (la stima dell'Ocse nel caso di dazi al 20% su tutti i settori, mentre con dazi al 10% l'ammanco sarebbe di «soli» 3,5 miliardi).
Ma quali sono i settori più esposti? Sulla base dei dati al 2023 diffusi dal Ministero degli Esteri, a livello di categoria merceologica spiccano i 12,4 miliardi di Macchinari e apparecchiature; al secondo posto con 8 miliardi i prodotti farmaceutici e poi la coppia composta da Altri mezzi di trasporto (navi, mezzi militari, etc) e autoveicoli/rimorchi con rispettivamente 6,15 e 5,8 miliardi; c'è poi il comparto dei prodotti alimentari con oltre 4 miliardi. A livello geografico spicca come oltre la metà delle esportazioni fa capo a tre sole regioni : la Lombardia (14,3 miliardi), l'Emilia-Romagna (10,4 miliardi) e la Toscana (9,1 miliardi). Anche per l'Italia vale la tendenza continentale, ossia un progressivo aumento del valore dei beni che dal Belpaese sono andati oltreoceano.
Tra il 2014 e il 2023 il valore delle esportazioni italiane è sempre cresciuto, con la sola eccezione del 2020 (anno condizionato dalla crisi economica legata al Covid-19); questo sottintende che anche durante la prima presidenza Trump l'export verso gli Usa ha proseguito il trend rialzista. L'altro elemento che emerge con forza è che in questi anni il saldo commerciale a favore dell'Italia si è via via allargato, una tendenza chiaramente non vista di buon grado da Washington.
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