Napoli brucia e il sindaco Luigi De Magistris «gode», seduto in poltrona in tv. È un venerdì di fuoco per il capoluogo partenopeo: il governatore della Campania Vincenzo De Luca annuncia il lockdown. Cittadini, commercianti e imprenditori scendono in strada per manifestare contro il blocco totale delle attività. Il corteo spontaneo si trasforma in una guerriglia contro le forze dell'ordine: centri sociali, ultrà e frange della criminalità locale si infiltrano. La città è messa a ferro e fuoco. E De Magistris che fa? È serenamente seduto nello studio del programma Titolo V. Si gode lo spettacolo di una città, la sua, in fiamme. C'è il sospetto che sia contento della rivolta contro De Luca, suo principale avversario politico. «Ma non sarebbe utile che in questo momento lei ci lasciasse e andasse lì?» chiede la giornalista Lucia Annunziata, ospite in studio con l'ex pm. Il primo cittadino sorride e risponde. «Sì, posso pure andare, ma non è che posso andare dentro a uno scontro. Io sarei un attimo più attento a capire cosa sta succedendo».
Le scene sono chiarissime: la città è ostaggio dei violenti. A mente fredda, il primo cittadino si difende: «Non ho la palla di vetro, non potevo prevedere che ci sarebbero stati degli scontri anche perché nessuno ci aveva avvisato. Ero in uno studio televisivo di Napoli, in tempo reale ho visto quelle immagini e potevo decidere di abbandonare lo studio, ma non sono un poliziotto che deve andare in piazza, e così mi sarei sottratto, cosa che non deve fare un sindaco, alle domande di giornalisti del servizio pubblico».
Ma in fondo c'è anche la «manina» indiretta del primo cittadino dietro gli scontri. L'amministrazione comunale di Napoli da anni flirta con i centri sociali. Eleonora De Majo, esponente di primo piano del centro sociale Insurgencia, è stata nominata assessore alla Cultura del Comune di Napoli. Ivo Poggiani, altro esponente di spicco della frangia movimentista dei centri sociali napoletani, è presidente di una municipalità in quota Dema. La guerriglia di venerdì notte sembra un remake degli scontri tra manifestanti e polizia avvenuti nell'aprile del 2016 in occasione della visita a Napoli dell'allora premier Matteo Renzi. E in quell'occasione (come venerdì notte) ci fu la partecipazione dei centri sociali vicini al sindaco De Magistris. Ecco perché ora, all'indomani degli scontri, monta la polemica contro il sindaco: «Che De Magistris vivesse ormai solo di microfoni era chiaro da tempo. Gli mancava, nella sua luminosa parabola, solo lo sciacallaggio sociale. Adesso il suo percorso si è davvero compiuto. E non sprecheremo tempo a chiederci se un uomo delle istituzioni può comportarsi come De Magistris in un momento così delicato: egli non è un uomo delle istituzioni. Né sprecheremo tempo a chiederci dov'era il sindaco di Napoli in questi mesi, mentre negli ospedali e nella città si combatteva contro un'emergenza senza precedenti: Napoli non ha un sindaco», attacca il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola.
Il sindaco respinge le accuse e prova a placare gli animi: «Quello che è accaduto stanotte è una pagina buia e amara che non è Napoli, ma una frangia violenta». Però sbaglia chi sottovaluta. Mai come in questo momento, bisogna essere uniti, forti e coesi. È fondamentale rispettare le regole a tutela della nostra salute e quella degli altri.
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